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More Magazine nasce dall'esigenza di indipendenza a seguito di una valida esperienza  come giornalista freelance. La necessità di gestire personalmente le tempistiche e l'immagine dei contenuti ha dato origine a questo mag che, non ha pretese di competizione  con altri siti ma che vuole essere l'espressione e un prolungamento di quella che è principalmente  una passione. Erika

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La dedizione per l'arte e lo spettacolo, in ogni loro manifestazione, è senza dubbio la peculiarità che caratterizza la personalità della creatrice di questo mag. Erika Moroni nasce in Lombardia e si diploma come Geometra presso l'Istituto Pitagora di Milano. Decide successivamente di laurearsi in Scienze dei Beni Storico-Artistici a Perugia dove ha svolto stage come restauratrice e archeologa. A seguito della laurea ha rivestito il ruolo di operatrice culturale per la mostra "Rodin. Le Origini del Genio" a Legnano e per il Festival dei Due Mondi a Spoleto. Per cinque anni  è  stata giornalista freelance per la testata Radio Antenna Libera.
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I PRIMI QUARANT'ANNI DI ANDREA DELOGU: A SPOLETO IL SUO  ENERGICO SPETTACOLO.

12 marzo 23


Il compleanno è sempre un traguardo a cui ciclicamente si fa fronte; da quando si supera  una certa soglia, che solitamente coincide con un età che abbia superato le due cifre da più di un decennio, questa ricorrenza diventa l'inevitabile momento in cui fare il punto della situazione. "40 e sto" di Andrea Delogu parla di una ricorrenza ben precisa, una tappa particolarmente importante  nel percorso di un'intera vita. Come "nel mezzo" di un cammino, fermi dove si è, prima ci si volta indietro e poi si guarda avanti. Giocando su stereotipi consolidati, Andrea racconta la sua vita, parte dal rapporto con i suoi "anta" e scava nel suo passato raccontandoci principalmente, con ironia, i  punti salienti della sua storia, tra famiglia, amore e  amicizia. Forse un modo per esorcizzare, forse perché le viene naturale, racconta anche dei suoi momenti bui, ma sempre con battute e rumore. Per tutto lo spettacolo si cela una velata verità, un misto di malinconia e protezione, che difficilmente nasconde, quando racconta del suo rapporto con San Patriniano: la magia di una bambina, come le altre, che viveva in un mondo protetto, e che ha sofferto nel rivedersi in TV a distanza di anni, forse a causa della inevitabile consapevolezza. In lei riconosciamo i nostri sentimenti, e con il suo spettacolo riviviamo, per chi è stato adolescente negli anni novanta, canzoni iconiche, abitudini e costumi che ci hanno condotti a ciò che siamo oggi. Interagisce con il pubblico differenziando ogni replica, parlando di se, ma chiedendo anche di noi, e al Teatro Nuovo Giancarlo Menotti, non solo si è confrontata con i suoi coetanei, ma anche con due giovanissimi spettatori, che ha tentato di tutelare cambiando alcuni vocaboli dei suoi testi espliciti, per poi però capire che non ne aveva bisogno, in quanto le nuove generazioni sono estremamente avanti. 40 anni e un desiderio da esprimere, da non sprecare... sarà così che con coraggio e onestà Andrea si guarda in faccia, senza timore, e non per accertarsi, la per amarsi, perché tutti siamo giusti così come siamo. E stiamo.

E.M.

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GLI ARTICOLI DI MORE MAGAZINE

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A SPOLETO UNA GRANDE MONICA GUERRITORE INCONTRA ANDREA JONASSON: EGREGIO PASSAGGIO DI TESTIMONE DEL RUOLO DI SHEN TE IN "L'ANIMA BUONA DI SEZUAN".

28 ottobre 2019 


Sezuan è una delle provincie della Cina, il cui vero nome è Schuan, e che fino la metà dello scorso secolo è stata identificata come un territorio in cui gli uomini erano “sfruttati dall'uomo”. Una significativa e crudele verità che ha condotto alla stesura del celebre racconto di  Bertolt Brecht. Dalla realtà al racconto si trasla proprio questa accentuata condizione di disagio che solo un' intervento divino avrebbe potuto salvare. Così, con l'arrivo di tre Dei dell'Olimpo, inizia la storia di Shen Te, la donna che gli offre ospitalità. Loro in cambio, come ringraziamento, le danno la possibilità di cambiare la propria vita a patto che riesca non smetta di fare del bene agli altri. Non c'è dubbio, è lei l'anima buona di Sezuan: una persona dal cuore generoso che per vivere fa la prostituta. Da quel momento tutto cambia: apre una tabaccheria che pian piano diventa il rifugio di molti, troppi, e Shen Te comincia ad essere stanca di chi le chiede molto, probabilmente troppo. Lei non può e non vuole assumere un atteggiamento ostile, ma é necessario, così decide di travestirsi e trasformarsi in un fittizio cugino spietato, Shui Ta. Sarà lui ad affrontare le scomode situazioni in cui dire "no" senza guardare in faccia a nessuno, ragionando in base al proprio bene e non a quello degli agli altri (altri che, la maggior parte delle volte, sfruttano la situazione approfittandosi della bontà di Shen Te). Fino a quando subentra l'amore, purtroppo sbagliato: lì le parole, prima utili, poi razionali, di Shui Ta saranno ancora più difficili da pronunciare  perchè  dette con il cuore di Shen Te. E anche se i compromessi sono la chiave di ogni decisione, di ogni bivio, si arriva alla conclusione che l'esempio comportamentale è alla base dell'educazione, ma non è sufficiente se tutti non ci aiutiamo e rispettiamo.

Lo spettacolo, la cui scenografia  ricordava le tipiche ambientazioni di Robert Wilson, ha visto come protagonista e regista la bravissima Monica Guerritore che al termine della serata  ha invitato salire sul palco  Andrea Jonasson: moglie di Strehler, l'attrice, che in passato interpretò Shen Te ha dimostrato gratitudine per il rispetto del passato, per la fedeltà al testo e il coinvolgimento dei giovani,  proprio come avrebbe voluto lo stesso Strehler. Un discorso conclusivo che ha reso  speciale questa emozionante prima nazionale che è andata in scena a Spoleto.

E. M. 

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IL PERIODO PRE-NATALIZIO SI INAUGURA CON IL TRADIZIONALE APPUNTAMENTO DI DANZA CLASSICA A SPOLETO: AL TEATRO NUOVO ARRIVA “IL LAGO DEI CIGNI”.

9 novembre 2019 

Il consueto appuntamento a Spoleto con la Fondazione Teatro Lirico Siciliano si rinnova anche per questo autunno e ad andare in scena, come di consueto, è sempre uno dei pilastri della danza classica. A salire sul palco del Teatro Giancarlo Menotti sarà la compagnia del Balletto di Mosca “La Classique” con la rappresentazione de Il Lago dei Cigni, coreografia del XIX secolo sulle musiche di Čajkovskij. La fantastica storia, tra amore e incantesimi, con protagonisti Odette e Sigfried, è qui interpretata da Diana Eremeva e Kirill Popov. L' avvincente trama, dall'ambientazione gotica, che contrappone il bene e il male, il bianco e il nero, in quella che forse è tra le più esemplari metafore del concetto di opposizione, travolgerà ed emozionerà gli appassionati del balletto il 14 novembre dalle 21.00, e come ogni volta, lascerà tutti col fiato sospeso nonostante, si sa, chiunque ne conosca perfettamente la fine. E. M. Ph credit* Balletto di Mosca

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IN UMBRIA C'È SEMPRE BISOGNO DI MUSICA E DI CULTURA: ECCO L'IMPEGNO DI FOLIGNO PER LA VALORIZZAZIONE DELLA REGIONE ATTRAVERSO IL PROGETTO "PARTERRE".

18 novembre 2019 

"Parterre" è un progetto che coinvolge Athanor Eventi, Lo Spazio Zut e il Centro Servizi i quali  si impegnano, per il secondo anno consecutivo, ad alimentare la rete mediatica  per la città di Foligno,  soprattutto da un punto di vista musicale. Ricordando molti degli eventi che hanno avuto successo lo scorso anno ( Carl Brave, Vasco Brondi, Anguun, Danilo Sacchi, Irene Grandi, Baby B.) ci si affaccia al nuovo palinsesto in programma nei prossimi mesi. Di fondamentale importanza sono anche i luoghi in cui tutto prende vita, dove oltre l'importante l'Auditorium San Domenico (allestibile sia lato la platea, che  lato l'abside, realizzando un suggestivo change di prospettiva) vivono di arte e spettacolo anche il Santa Caterina, e lo Zut, Spazio collocato a corso Cavour. Il 2020 si aprirà con Giorgio Montani e il suo "Come Briney Spears" in cui la comicità sarà la protagonista, ma per ora c'è del mistero riguardo le prossime date  a causa di accordi ancora in corso. E. M. 
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"UN TRAM CHE SI CHIAMA DESIDERIO", IL TRAM DELLA VITA VA IN SCENA SUL PALCO DEL TEATRO NUOVO DI SPOLETO

24 novembre 2019 

Una storia senza tempo: scritta da Tennessee Williams nel 1947, diventerà spettacolo teatrale con il regista Elia Kazan, e ancora dopo film, nel 1951, con i grandi Vivien Leight e Marlon Brando, "Un tram che si chiama desiderio"  è una denuncia rivolta alla società meschina che non vede oltre ai lustrini della fama. Dietro quei riflessi, invece, si celano storie di quotidiana violenza fisica e psicologica, spesso fatta tacere da tutti, soprattutto dalla vittima, perché sono scomode verità. La protagonista, Blanche Du Bois si ritrova nel baratro dopo la sua carriera di attrice, di cui le sono rimasti solo i vestiti con piume, diamanti e paliette, finti. Spera quindi in una calorosa accoglienza a casa della sorella, Stella,  per poter rimettere insieme i suoi pezzi. Invece quello che troverà sarà ben altro. L'amore indiscusso che sua sorella nutre per lei è evidente... ma quello di Stella è un legame che però deve essere  diviso e condiviso con il marito, Stanley, uomo aggressivo, di quell'aggressivita che farà ancora più male perché arriverà in fondo, oltre la pelle, fino alla verità. Mariangela D'Abbraccio, diva dei nostri tempi, e Daniele Pecci, sono i toccanti interpreti di questo spettacolo amaro, che il regista Pier Luigi Pizzi ha portato in scena con un gioco chiaro scuri ricreando perfettamente quel climax originale di totale instabilità e angoscia che contraddistingue questa straziante vicenda.E. M.Pic byME

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LA SACERDOTESSA SCEGLIE SPOLETO TRA LE DATE DEL TOUR ITALIANO. 

2 dicembre 2019

L'attesa sta per terminare. Domani 3 dicembre al Teatro Nuovo di Spoleto arriverà la celebre Patti Smith, pilastro della musica internazionale e icona vivente del rock/proto-punk mondiale. Pochi teatri, selezionati per l'importante contesto in cui si trovano, sono petali di una rosa, piccola e preziosa, di cui Spoleto può essere orgogliosa di fare parte. Ieri a Milano la sacerdotessa, con l'occasione pluri laureata ad honorem causa, ha portato in scena la sua solennità e la sua voce inconfondibile per l'ineguagliabile profondità del timbro e il peso delle sue parole. I suoi concerti sono verve pura e anche il concerto gratuito alla Scala, inserito all'ultimo per la Prima Diffusa della "Tosca", non poteva che terminare con una assalto pacifico del pubblico, sulle note dei suoi brani. Ci aspettiamo quindi una replica e un calore identici anche nella città dei 2 Mondi. E. M.Ph credit by web

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E DOPO MILANO, STANDING OVATION ANCHE A SPOLETO PER PATTI SMITH.

4 dicembre 2019 

Come volevasi dimostrare, al termine del concerto di Patti Smith la gente ha dimostrato la sua ammirazione alzandosi in piedi e dirigendosi sotto il palco per uno scambio diretto e bilaterale con l'artista. Poco più di un'ora di esibizione per un' esilarante esperienza mistica che è sembrata durare molto di più. Professionista del suo mestiere, la  Sacerdotessa non indossa questo appellativo in vano. Interpreta i suoi brani, sì, ma recita anche le parole di altri, come "Chiare, fresche et dolci acque" di Petrarca, specificando che lo farà in inglese anche se ama la nostra lingua. Tra le sue celebri poesie in musica propone "Because the night" e "People have the power" e sentirla accompagnata al piano dalla figlia è la dimostrazione del tempo che scorre, ma anche di come, attraverso la memoria e l'eredità, paradossalmente esso si possa fermare.E.M. Pic byME

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UN CABARET YDDISH PER COMPRENDERE IL NATALE: AL TEATRO NUOVO DI SPOLETO MONI PORTA IN SCENA LA MUSICA KLEZMER. 

10 dicembre 2019

Il 27 dicembre 2019 è atteso il nuovo appuntamento per il concerto di Natale in collaborazione con il Festival dei Due Mondi. Un' occasione per avvicinare popoli e tradizioni attraverso la musica.  Moni Ovadia porta in scena "Cabaret Yddish", sull'impronta di un altro celebre spettacolo "Oylem Goylem", dove la figura dell'ebreo errante, e l'intera l'apologia dimostrano la debolezza e la speranza della società.  Perché la dispersione e l'esilio fanno emergere la fragilità, lo smarrimento e la solitudine, ma creano anche una condizione tale che può trasformarsi in  ricongiunzione con chi si incrocia sul proprio cammino. Comprendere la "lontananza dell'uomo e della sua anima ferita" ad oggi deve solo farci avvicinare al fine di non creare muri. Assisteremo quindi ad un concerto in cui la lingua e la cultura Yddish, con polimatrice tedesca, ebraica, polacca, russa, ucraina e romena, non potrà che infondere un senso di comunione che entrerà in forte contatto con il nostro popolo. Un senso di comunione che, di per sé, dovrebbe essere già intrinseco nell' essere umano.E. M. Ph credit by web

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A FOLIGNO  È UFFICIALMENTE NATALE: JAZZY XMAS HA INCANTATO IL PUBBLICO DELL'AUDITORIUM SAN DOMENICO.

18 dicembre 2019 

Un albero di Natale luminosissimo posto sul palco ci augura buone feste. E a consolidare quest'atmosfera è stato il concerto  promosso, e regalato, dalla città di Foligno con l'ausilio dell'Associazione "Borghi e Centri Storici della Valle Umbra" e della Confcomnercio. Un repertorio composto da alcuni degli intramontabili brani dell'amato Michael Bublè, ma  anche canzoni come  "Adeste fideles", "La la là", "Carol of  the bells" ed altri di fine '800 e inizio '900. Non sono quindi mancate "Let it snow" (del celebre Bublè appunto) e "Jingle bell rock" di Glee Cast che hanno animato la serata con il loro ritmo e spirito gioioso. Il tutto è stato rivisitato dalle note jazz del piano e del bandoneón, del contrabbasso e delle percussioni del di Bonaventura Trio ( composto da Daniele di Bonaventura, Felice del Gaudio e Alfredo Laviano), e completato dal canto polifonico dei Meleute Ensemble, gruppo lirico che spazia dai testi sacri a quelli profani, che in quest'occasione hanno dato un valore aggiunto al concerto, rendendolo solenne con il suo tocco classico. Questo è stato quindi uno dei primi appuntamenti in programma a Foligno, che fino al 6 gennaio allieteranno le feste, e, nonostante le maestose luminarie della città siano già state tutte accese, con l'evento di ieri sera è ufficialmente iniziato il Natale.E. M. Pic byME 

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QUANDO IL JAZZ NON È SOLO JAZZ: I GHOST HORSE SUL PALCO DELLO ZUT. 

12 gennaio 2023

Il bello delle certezze consiste nello stravolgerle. E anche nella musica si assiste  a paradossali avvenimenti come quello di ieri sera allo Zut di Foligno. Un concerto, jazz, che da subito ha dimostrato di essere anche  altro; un gruppo, quello dei  Ghost Horse, che ha dimostrato di saper sperimentare. A colpire è la naturalezza con cui questi ragazzi passano dalle sonorità più complesse  ad un ricercato scomponimento strutturale talmente basico e familiare da essere considerato primordiale. Una sincronia ed originalità prodotta dal gioco dei loro strumenti, trombone, sassofono, basso elettrico, clarinetto e batteria. Ci sono infinite quantità di generi musicali, ognuno con la sua peculiarità e influenza culturale, ma resta il fatto che  che  a crearli e a tramandarli sono sempre le persone, le quali sono in grado di disporne e giocarne a loro piacimento, ricordandoci che, in fondo, la musica  generata dall'uomo ed è solo una.E. M. Pic byME 

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LA NON-GRAMMATICA YDDISH CREA IL LINGUAGGIO DELL' UGUAGLIANZA: IL GRANDE MONI OVADIA REPLICA IL SUO CELEBRE  CABARET E TRMINA BENEDICENDO IL PUBBLICO DEL TEATRO NUOVO DI SPOLETO. 

28 dicembre 2019 

Storie lontane che risultano essere attualissime, musiche di terre distanti che sembrano vicinissime, lingue che si fondono, talmente tante da sentirci anche il tuo idioma. Cabaret Yddish si è confermato cibo per l'anima. Un cibo speziato in grado di placare e non di fomentare. È importante comprendere come ogni nostra radice si impiantata sullo steso terreno, il mondo che ci ospita. Per questo la  diffidenza è un'inutile condizione, un dispendio di energia, in quanto, quando attacchiamo l'altro, attacchiamo noi stessi. Moni Ovadia racconta, accompagnato dalla Stage band, attraverso aneddoti e brani, come i popoli abbiano  convissuto pur mantenendo le loro differenze, spiegando i in tono scherzoso i punti di vista diversi, ad esempio tra ebrei e antisemiti, dimostrando che, alla fine, si contempla sempre lo stesso soggetto. Ci narra di quando nel 1912, in un teatro di Praga, Kafka disse che la lingua yddish ha strutture linguistiche di fatto non formate, un insieme di inglese, francese, salvo, tedesco, russo, ungherese, rumeno, aramaico, ebraico, ucraino e addirittura ladino che nessuno  avrebbe  mai utilizzato  a livello nazionale: solo la malavita, per  similitudine, poteva adottare questo  gergo  irregolare, multietnico ma soprattutto disprezzato. Il fatto è che l' Yddish è più compreso di quanto si pensi, ma non dobbiamo averne paura.E. M. Pic byME 

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 I MICROLOGUS COMPIONO 35 ANNI: A SPELLO CONCERTO E TAGLIO DELLA TORTA PER FESTEGGIARE. 

29 dicembre 2019 

I Micrologus sono un gruppo musicale affermato in Umbria, si sà. Le loro melodie ci portano in un'epoca lontana, e  soprattutto fanno da sfondo alle più belle manifestazioni medievali del territorio, come  le Gaite di Bevagna e il Calendimaggio di Assisi da cui nascono. L'area tra Assisi e Spello, infatti, è proprio il luogo circoscritto in cui questo ensemble risiede professionalmente, ma i loro orizzonti sono sempre più ampi, ed oltre ad essere molto conosciuti per i loro concerti,  possono vantare collaborazioni di rilievo, una su tutte quella consolidata con Vinicio Capossela. Tutto questo è stato costruito in ben 35 anni, in cui questa famiglia è cresciuta sia a livello professionale che numericamente, e ieri, al Teatro Subasio di Spello, si sono riuniti quasi tutti i membri per un concerto, quello tradizionale del 28 dicembre (inserito in Spello Splendens), che quest'anno aveva duplice significato in quanto celebrava anche questo meraviglioso compleanno. Anzi, triplice perché la ricorrenza coincide anche con i dieci anni del Centro Broegg, scuola voluta e fondata proprio dai Micrologus per tramandare la loro attività. Bellissimo quidi ascoltare canti e musiche antiche tipiche del periodo Natalizio, e vedere quel piccolo palco colmo, come non mai,  di persone, delle loro voci, e dei loro strumenti medievali di ogni genere (appositamente ricostruiti attraverso l'analisi dettagliata di  affreschi dell'epoca). Il discorso conclusivo è stato tenuto da Patrizia Bovi, la quale ha espresso a nome di tutti la gioia dei risultati raggiunti ma soprattutto  di appartenere a questa bellissima realtà. La serata è terminata festeggiano con il taglio della torta e un brindisi per augurare un futuro altrettanto soddisfacente a questo gruppo musicale che abbiamo affermato essere più che altro un gruppo di amici, artisti che con il loro fare sanno rendere originale la storia e la tradizione millenaria.E. M. 
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"SKYLIGHT - IL CIELO SOPRA AL LETTO" CON  LUCREZIA LANTE DELLA ROVERE E LUCA BARBARESCHI: UN' ANALISI RELAZIONALE INTRAMONTABILE.

10 gennaio 2020

Quando se ne andò Elisabetta decise di farlo discretamente e il più infretta  possibile. Una scelta  presa forse per i sensi di colpa, o semplicemente per togliere il disturbo. La relazione con Saverio duró dieci anni prima che sua moglie ne venne a conoscenza: vivevano tutti insieme e Betta era considetata una di famiglia. La notizia creò  inevitabilmente una frattura irreparabile creando un punto di non ritorno in quello che era un equilibrio perfetto. Sceglie di ricominciare da sé stessa e lontano da loro. La sua vita ora è modesta ma appagante: vive in un appartamento spoglio e gelido, ma con tutto il necessario, si occupa degli altri e le piace il contatto con la gente e l'energia che si genera. Ha trovato la sua pace quando, a distanza di tre anni, il figlio di Saverio, Edoardo, la cerca per parlarle e per avere delle risposte. E lo stesso farà Saverio a distanza di poche ore. Elisabetta era impreparata  ma dopo l'iniziale reazione di allontanamento prevalse la comprensione. I due uomini vedevano in lei un punto di riferimento, soprattutto ora che la figura di madre è moglie era venuta a mancare. Avevano bisogno di capire di avere dei chiarimenti, soprattutto Edoardo che era all'oscuro della relazione del padre con Betta. Ad essere decisivo sarà l'incontro tra i due ex amanti dove, in una sola notte, tutti i nodi saranno sciolti ed emergerà che, oltre alla passione, nulla li accomuna, in quanto hanno uno stile di vita e una visione del mondo totalmente divergenti. Lucrezia Lante della Rovere e Luca Barbareschi interpretano i due protagonisti mostrando la loro naturale complicità e sul palco con loro anche Paolo Marconi, valore aggiunto per un ritmo perfetto. "Skylight- Il cielo sopra il letto" è un racconto di David Hare che Luca Barbareschi aveva  diretto ben 23 anni fa. Oggi ripropone quest'opera teatrale riadattata, facendo grottescamente anche cenno alla tragedia che si sta attualmente vivendo nei nostri mari, e questo per enfatizzare la diversa visione dell'umanità da parte dei due personaggi. La tournée coinvolge il Teatro Stabile dell'Umbria in ben tre repliche (dopo la prima regionale a Foligno, andrà in scena anche a Gubbio e  Narni) a dimostrazione di una bellissima collaborazione a sostegno del Teatro Eliseo di Roma in un momento delicato della sua storia.(prossime repliche: Gubbio 11 gennaio, Narni 12 gennaio - info>www.teatrostabile.umbria.it)E.M.Pic byME 

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MARCO BONINI CI RACCONTA DEL SUO ULTIMO LAVORO LETTERARIO: "SE AMI QUALCUNO DILLO" È LA STORIA DI UN AMORE PURO PRIVO DI SOVRASTRUTTURE.

17 gennaio 2020

Le emozioni dovevano essere il tema centrale; l'argomento, di fatto troppo generico, ha quindi assunto diverse forme trattando temi come il rapporto genitoriale, parità dei sessi ed educazione. Un appuntamento, quello che si è tenuto ieri nella sede del Comune di Spello, che aveva il fine/non-fine, di presentare l'ultimo libro di Marco Bonini "Se ami qualcuno dillo", un racconto sensibile, verosimile, che parla del bene incondizionato che lega un padre e un figlio. Un rapporto che si determinerà col tempo e involontariamente, raggiungendo l'equilibrio perfetto che la vita, con le sue sovrastrutture, tende a fare vacillare. L'incontro si inserisce all'interno della rassegna "Passaparola" che da anni porta alto il simbolo della letteratura a Spello e che non poteva che agevolare questo dialogo con Marco, scrittore ma anche attore, regista e produttore, in quanto Cristina Zenobi, presidente dell'associazione, ha scritto "Se mi ami... parlami". È stata lei a introdurre il prestigioso ospite e per l'occasione sono intervenuti  anche il sindaco Moreno Landrini e la Direttrice Artistica del Festival del Cinema di Spello, Donatella Cocchini, amica di Marco.E. MPic byME 

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MOGOL AL TEATRO TORTI PER IL PREMIO "CITTÀ DI MEVANIA". 

17 gennaio 2020

Questa sera alle ore 20:45 imperdibile serata all'insegna della musica:il celebre Mogol sarà  a Bevagna presso il Teatro Torti per ricevere  il Premio Città di Mevania. Sul palco, oltre ad omaggiare il grande artista, si alterneranno momenti musicali (con il pianista Barbera) e di ricordi che renderanno la serata piacevole soprattutto, per gli amanti delle canzoni interpretate dall'intramontabile Lucio Battisti.E. M. Ph credit by web

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UNA STORIA ETERNA IMPRESSA NELLA MUSICA: A BEVAGNA UN INEDITO MOGOL RACCONTA MA SOPRATTUTTO "CANTA" MOGOL. 

18 gennaio 2020

Ci sono parole che nascono dal cuore: la mente sembra spegnersi, e il discorso prende vita dai sentimenti. Sono parole figlie di un automatismo psichico  tipico di ogni forma d'arte. Giulio Rapetti Mogol, noto come Mogol, è l'autore dei più bei testi musicali appartenenti alla nostra cultura, quei testi che hanno il potere di essere compresi e memorizzati dal pubblico con la stessa naturalezza con cui sono stati creati. Molti di questi brani sono stati scritti nel tempo breve di un tragitto in macchina che può durare da Milano a Como, come  è stato per il capolavoro interpretato da Battisti "E penso a te". Lucio Battisti che è stato sicuramente l'alleato, l'amico e  il complice in ambito lavorativo, un lavoro che tale non è stato mai. Dove c'erano le frasi di Mogol, c'erano i pentagramma di Battisti. Per sempre  insieme nell'immaginario collettivo, la loro unione è ancora più solida di quanto si possa pensare, al punto di andare oltre le logiche terrene. Nelle sue canzoni Mogol racconta la realtà, perché "la gente sa riconoscere la fiction dalla vita vera", e ci spiega come "Il nastro rosa", sempre in collaborazione con Battisti, sia nata dopo aver incontrato una persona, e di come essa sia stata valutata in un certo modo, quando poi, però, la stessa, all'improvviso dice qualcosa di paradossale, che non avrebbe potuto dire secondo il disegno da lui creato. Questa vicenda, che prima o poi tutti abbiamo vissuto, la imprime in quella che è diventata una delle canzoni più famose del nostro panorama musicale. Ma un poeta come lui ha completato le melodie di molti artisti come Vianello, Cocciante, Solo e il grandissimo Mango che ha particolarmente nel cuore. Tutto questo è stato raccontato sul palco del Teatro Torti di Bevagna dove il Maestro ha anche ricevuto dal Sindaco Annarita Falsacappa il premio "Città di Mevania" e altri omaggi prodotti dalle Gaite. La serata, mediata da Maria Moroni, organizzatrice dell'evento, e stata allietata da momenti di musica di livello con Giuseppe Gioni Barbera, che Mogol ha definito il migliore allievo che abbia mai frequentato il CET (Centro Europeo Toscolano, scuola voluta e presidenziata dallo stesso Mogol, di cui è anche insegnante). Con lui si sono assaporate e cantate le più celebri, ma anche le insospettabili canzoni (come "Stessa spiaggia stesso mare"), rese poesia dall'autore, e tutti abbiamo partecipato ad un coinvolgente karaoke, al quale anche Mogol ha sentitamente contribuito, mostrandoci un'inedita versione di cantante, rivelando la vera voce che quelle parole hanno.E. M. Pic byME 

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ESISTE UN'UNICA RAZZA, QUELLA UMANA: CIÒ CHE DOVREBBE ESSERE ASSODATO È RIMARCATO DA MARCO BONINI  NEL "MR. DAGO SHOW". 

30 gennaio 2020

Non esiste il modo adeguato per raccontare una tragedia; spesso il ricordo vive negli sguardi di chi l'ha vissuta, nelle parole, poche e dirette, ma soprattutto nei silenzi, che servono a far riflettere. Non sarebbe quindi impresa facile parlare delle leggi razziali del 1938, senza essere fuori luogo, senza scivolare nella retorica. Non si è mai all'altezza. Ci si accorge, quindi, che paradossalmente per trovare la chiave di accesso per questo dialogo, se non si è protagonisti, è affrontare l'argomento da un altro punto di vista, opposto e surreale. C'è riuscito il trio Bonini-Belcamino-Colavalle, che, a pochi giorni dalla giornata della memoria, questa mattina ha portato in scena il lo spettacolo/musical "Mr Dago Show" (regia di Marco Bonini e Joe Bologna, musiche di Roberto colavalle). E la questione si ripete, parlare di"spettacolo/musical" come rappresentazione di quella che è una delle pagine più tristi di tutta la nostra storia sembra una bestemmia. Ma come dicevo, se proprio dobbiamo pensare al modo di manifestare su un palco tale argomento forse quello portato in scena da Agostino, il protagonista di questa vicenda verosimile,  è il più nobile. Qui si dimostra la sofferenza, la si percepisce tra le righe, nello scambio di battute tra i due attori Marco ed Eleonora. Una narrazione descrittiva e tanti i personaggi, magistralmente distinti solo dal cambio di voce. Ma  c'è anche la speranza, che tiene aggrappati alla vita con le unghie e con i denti. Racconta dell'amore, che esiste anche in tutta quella miseria. Perché è con l'amore nel cuore che comprendiamo che esiste una sola razza, quella umana.  La storia di un ragazzo che approderà in America, a New York: alle porte c'è la seconda  guerra mondiale, e lui dovrà fare i conti col fatto di essere ebreo. Per nascondersi  diventerà Dago, un cabarettista acclarato. Anche sul palco del Teatro Clitunno a Trevi un cabaret essenziale, con un piano, due leggii, e una luce he si accende e si spegne fermando tutto per alcuni istanti, intervallando le diverse scene. Non serve altro, solo parole, qualche battuta, e soprattutto i silenzi, molti.E. M. Pic byME 

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UN QUADRO CON  RAFFIGURATE LE VISIONI DI GIO EVAN: IL SUO ULTIMO DISCO, "NATURA MOLTA", RESTITUISCE L' ANIMA ALLE PAROLE. 

1 febbraio 2020

L'inizio di quest'opera risale ad un anno fa, quando Gio Evan ha cominciato a dipingere su una tela bianca una musica minimal ma soprattutto delle parole ben dosate. Questa è una metamorfosi che consiste nel mutamento di un cammino, in cui inizialmente era il testo a doversi "piegare" alla metrica. Ora, in "Natura molta", questo cambia, e la parola, a cui Giovanni, si sà, ha sempre dato estrema importanza (è  autore di sei libri e 2 best sellers), è la protagonista assoluta, mentre la melodia fa da cornice. Il cantautore e poeta, gioca abilmente con termini e rime e la lingua italiana in generle, peculiarità del suo stile, e nel caso di "Natura 'molta' ", il suo significato non lo si può riassumere con semplicità: si dovrebbe risalire alle nature morte dei tempi ellenici, le prime, che hanno dato origine a quel significato di staticità, e che Gió ha ribaltato dando  del potenziale a quel "disegno fermo". Lui restituisce un'anima: lo fa con la coerenza alla pittura, alla visione, più che alla musica stessa, attraverso il suo duplice approccio al pensiero, che elabora o con parole, o con immagini. Fa riferimento a quel quadro nella casa della sua famiglia, posto all'ingresso, con soggetti inanimati, e a quanto questo gli mettesse ansia nonostante il padre lo rassicurasse dicendogli che fosse arte. Giovanni porta in scena un dualismo in cui confluiscono le diversità e le contraddizioni del genere umano, facendo così coesistere "Arizona" e "Frana", solo per citarne due, evidenziando la coerente incoerenza dei suoi brani, che specifica essere "figli" desiderati. Sul palco dell'Urban praticamente si sente a casa: alterna canzoni, poesie e sketch e a supportarlo una piccola orchestra composta da sette ragazzi. Ci accoglie con un monologo, e tra i molteplici consigli pone l'attenzione su una bellissima parola, "considerare", dal latino con-sider, ossia "insieme alle stelle". Come un segno di pace suggerito a (e tra) chi ha reso possibile il sold out. Ma che vale anche per dopo, quando usciti dall'Urban, alzando gli occhi, saremo tutti tornati "a riveder le stelle".E. M. Pic byME 

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"MISERIA E NOBILTÀ", CON LELLO ARENA E GIORGIA TRASSELLI, VA OLTRE L'APPARENZA E INDAGA NELLE NOSTRE ANIME: AL TEATRO LYRICK DI ASSISI GRANDE SUCCESSO PER QUESTA VICENDA TRAGICOMICA DI EDUARDO SCARPETTA. 

7 gennaio 2020

La miseria non si cela dietro ad un rango, ad un ceto sociale, ma nel proprio animo. Certo, é radicato anche lì, è inevitabile. Ma c'è chi, banalmente, crede ancora che tale condizione dipenda solo da quella sociale, e che risieda nella povertà. Quella è la disperazione, di persone che sarebbero pronte ad ogni cosa solo per un pezzo di pane. Quella è la fame, che rende vulnerabili aggressivi perché illogico vivere senza del cibo in corpo. Quella è rabbia, che assale chi non ha scelta. Ma la miseria, lei può insediarsi in ogni persona, perché di stato d'animo si tratta. L'essere meschini appartiene a chi sarebbe disposto a tutto, ma solo per la propria soddisfazione personale, senza avere come matrice alcun bisogno primario, ma solo vezzi. Un termine così dispregiativo che non merita di essere attribuito a gente che non ha scelto la propria situazione. Ma come sempre  c'è l'eccezione che conferma la regola. Lo spettacolo con protagonista Lello Arena ci racconta di come, pur diventando nobili, si rimanga miserabili nel senso stretto del termine, ma pur sempre mossi dallo sconforto, e come siano  soprattutto gli aristocratici a bramare infami strategie. Un insegnamento che deve far riflettere perché va oltre la supercifie delle cose materiali. Il cast formato anche dalla grandissima Giorgia Trasselli e da altri bravissimi attori, Raffaele Ausiello, Maria Bolignano, Marika De Chiara, Andrea De Goyzueta, Alfonso Dolgetta, Carla Ferraro Fabio Rosdi e Veronica D'Elia con Sara Esposito (bravissime interpreti di due figure maschili), tutti energici e ben strutturati, si presentano con vestiti e acconciature surreali, per colore e linea, a tal punto da sembrare figure futuristiche. La scenografia di Roberto Crea è pura poesia: il primo atto inerente allo squallido ambiente in cui vive la famiglia di Pasquale, con la moglie Concetta e la figlia Pupella, costringe i personaggi ad entrare in scena strisciando come fanno i topi nei sotterranei suburbani. Una rete di sbarre metalliche, che serviranno per ospitare il secondo scenario, non consentono una deambulazione lineare, ma impone di scavalcare ad ogni passo quello che è un'ostacolo, rendendo la  concentrazione (per pubblico ma anche per gli attori) più difficoltosa, proponendo il disagio di queste figure. Il secondo capitolo si apre con uno strabiliante effetto, creato con un telo grigio che viene tirato verso lo sfondo, sembra aspirare magicamente tutto lo sporco di una condizione di totale indigenza attraverso un risucchio che lascerà spazio ad una scenografia totalmente candida. La luce della ricchezza,  in cui vive Gaetano con i figli  Luigino e Gemma, insieme alla servitù. In questa casa si snoderà no complicate relazioni e per uno strano gioco del destino si verificheranno inaspettati incontri.  Ed è proprio qui che ogni persona dimostrerà veramente chi è. Nel bene o nel male.E. M. Pic byME 

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UNO SPETTACOLO CHE HA TUTTE LE PREMESSE PER PORTARCI SU L'ISOLA CHE NON C'È: AL LYRICK DI ASSISI ARRIVA PETER PAN. 

15 gennaio 2020

Questa sera al Teatro Lyrick di Assisi é attesa la prima nazionale di "Che disastro di Peter Pan", con la compagnia9 amatoriale di Sant'Eufrasio Piedimonte, regia di Adam Meghido, che promette di stupirci con la sua comicità. La storia di questo eterno bambino, in grado di volare, ci insegna a guardare il lato più leggero e gioviale della vita, ma probabilmente, a dare il giusto peso alle cose. Tutto questo unito ad esilaranti avventure e situazioni che movimenteranno la commedia. Questo imperdibile spettacolo dimostra l'abilità di alcuni attori dal volto meno noto ai più (Stefania Autori, Luca Basile, Viviana Colais, Valerio Di Benedetto, Alessandro Marverti, Yaser Mohamed, Marco Zordan, Igor Petrotto, Ilaria Orlando, Carolina Gonnella, Massimo Genco), che giunge voce essere in grado di sostenere "tempi comici ineguagliabili". Un debutto, quindi, che ha tutta l'aria di portarci altrove, con la sua sorprendente spensieratezza, talmente lontano da raggiungere l'isola che non c'è.E. M. Ph credit c. s. 

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SIMONE CRISTICCHI  A TREVI E A SPELLO CON "ESODO", PER  NON DIMENTICARE L'EMIGRAZIONE  GIULIANO-DALMATA. 

18 febbraio 2020 

Come si racconta un esodo? Come si puó spiegare la tragedia  che l'Istria é stata costretta ad affrontare durante  e dopo la seconda guerra mondiale? È passato molto tempo da allora, ma forse troppo poco per non incontrare ancora qualcuno che ha vissuto tutto questo. Simone ha parlato con le vittime di tanta disumanità, ha raccolto testimonianze costituite da molti  verbi e pochi documenti, ha provato a capire, mettendo insieme la vita  di queste persone che hanno dovuto lottare per la propria dignità, per la propria esistenza.  Una terra di mezzo a cui avevano tolto l'identità, dove gli omicidi avvenivano di notte, allo scuro, perché ad essere uccisi erano i cittadini di questo luogo  invisibile e come tali erano a loro volta invisibili. Per troppo tempo i fatti e le conseguenze dovute al comunismo, che in questa regione era una dittatura. Scegliere se rimane o andarsene, consapevoli del fatto che lasciare tutto, significava comunque dirigersi verso l'ignoto. Ma l'oscurità di questo ignoto era pur sempre più limpido di quelle atroci notti da cui non si tornava. Furono tante le persone che persero la vita, o che furono segnate nell'anima per sempre. Tanti i nomi in quei registri funesti, nomi comuni in cui riconosciamo anche il nostro. E su quel palco,  Simone Cristicchi  spiega, con religioso rispetto, questo terribile genocidio, lo fa recitando, cantando, ma soprattutto  comunicando e sensibilizzando le coscienze. Su quel palco, insieme a lui, ci sono almeno 40.000 persone, esuli di ieri e di oggi, e con loro ci siamo anche noi, nonostante crediamo superficialmente di essere seduti tra il pubblico.E. M. Ph credit by web 

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 L'ELEGANZA DI FABIO CONCATO AFFASCINA LA PLATEA DELL'AUDITORIUM DI FOLIGNO. 

20 febbraio 2020 

Le sue canzoni sono racconti che nella loro semplicità racchiudono l'essenza della vita, cronache di situazioni familiari a tutti. Gli scenari che descrive sono di una poesia e delicatezza unici, un paradosso tra surreale ed estremamente tangibile. Fabio Concato ieri sera all'Auditorium San Domenico di Foligno ha emozionato con il suo timbro inconfondibile e melodiose sinfonie: un ensemble tra bossanova e pop chic. Un pubblico che, in solenne rispetto, lo segue attentamente con sguardo e udito, anche quando il cantautore scende dal palco per avere un contatto ancora più diretto con tutta la gente che riempie la platea. Tra un brano e l'altro battute e considerazioni sulla meravigliosa struttura che lo accoglie augurandosi di poter tornare presto. Finge una verosimile storia sanremese per introdurre "Domenica bestiale" e ci ricongiunge con le nostre anime con "051", sensibile canzone che da sempre affianca il Telefono Azzurro per denunciare le violenze subite dai minori. Ma anche omaggi, per le persone a lui care, come le figlie, con la celebre "Fiori di maggio" e "Giulia",  il padre "Gigi", canzone a cui é ovviamente estremamente legato. L'essenzialita' é anche nei titoli tanto che  lo stesso Concato si definisce banale. E se per "banale" si intende arrivare dritto al cuore, con tale linearità da non poter sbagliare bersaglio, allora io confermo la sua banalità, concisa, completa. E. M. Pic byME 

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PALAZZO CESARONI: UN SIMBOLO DI RINASCITA PER LA CITTÀ DI PERUGIA COME RIFLESSO DELL' IDENTITÀ ITALIANA. 

22 febbraio 2020 

L'identità di una città si esprime attraverso la comunità che la abita e l'architettura che la accoglie. Nella Perugia di fine ottocento un imprenditore di grande fama commissionò la realizzazione di un prestigioso palazzo. Si tratta di Ferdinando Cesaroni, uomo di rilievo con ben chiara, non solo la micro visione regionale, ma anche la macro visione italiana: un'Italia che aveva recentemente conquistato l'unità e che si trovava in un clima  di totale rinascita. Tali aspetti erano estremamente evidenti in grandi centri come Roma e Milano ma i più avveniristici, come Cesaroni, portarono questa politica anche nel proprio luogo. Vediamo quindi nella celebre Piazza Italia del capoluogo umbro, dalla ispiratrice toponomastica,  l'imponente presenza di questo edificio voluto come dimora (mai abitata) proprio dall'imprenditore, il quale porta il suo nome. Palazzo Cesaroni, che attualmente è la sede del Consiglio Regionale dell'Umbria, e che in passato ha anche ospitato il Palace Hotel, si mostra già dall'esterno ancorata a una solenne storicità con la sua facciata neoclassica tipica  dei palazzi romani cinquecenteschi. L'architetto di questo edificio, Guglielmo Calderini, inglobó il già esistente Palazzo Monaldi al nuovo progetto, e i lavori terminarono nel 1897. Entrando, il maestoso scalone d'onore ricorda quello di grandi palazzi come il Reale di Milano: ad ornarlo affreschi in stile liberty realizzati da Annibale Brugnoli il quale, su commissione di Cesaroni, nel lucernario fece dipingere quattro figure femminili che impersonificavano l'industria, l'architettura, l'artigianato e l'agricoltura. Le lunette, invece, accolgono sempre delle figure femminili, e in questo caso riconosciamo le allegorie  della musica, del canto, della danza e della poesia. Tale iconografia è stata voluta dallo stesso Cesaroni il quale era estremamente contemporaneo e consapevole delle attività in crescita (basti pensare alla ripresa dell'attività del ferro e del vetro per l'artigianato) nonché viveva una vita circondata dal bello e dalle arti. Le pitture sono il riflesso di un periodo e una cultura simbolista: lo stesso stile è evidente anche nella Sala Brugnoli il cui tema pittorico è il passare del tempo. Si intitola "La danza delle ore" l'affresco sul soffitto che vede fanciulle tenersi per mano, danzando e voluttuando sopra di noi: i loro vestiti sono leggeri, trasparenti, hanno gioielli d'oro di fattura etrusca (per rafforzare l'identità e la tradizione del luogo ma anche la nuova Italia, la nuova Perugia), portano con se dei fiori, e sembrano seguire il ritmo della musica, incarnando lo scandire del tempo. Più intensa e cupa è sicuramente la corsa dei cavalli posta al centro che rappresenta la velocità e l'irrefrenabile avanzare dei minuti. L'artista Brugnoli qui è affiancato a Domenico Bruschi che è l'autore delle quattro stagioni, identificate semore con donne in stile art nouveau , dipinte su degli specchi appesi alle pareti. Continuando a salire si arriva poi ad un punto fondamentale del palazzo, il torrino, il quale negli anni ha subito delle modifiche, e da cui si può ammirare uno straordinario panorama a 360° su Perugia, ed oltre, fino a quelle colline che anche Carducci metaforicamente paragonava a delle onde del mare. La visuale, impagabile, rivela punti di vista d'eccezione che solo grazie a rare occasioni, come quelle organizzate da "Le vie dell'arte", è possibile ammirare. Si scorgono i campanili di San Pietro di San Domenico, chiesa che dalla posizione in cui siamo mostra  la struttura antica inserita nel post ampliamento; guardando corso Vannucci si comprende perfettamente, a livello strutturale,  la originaria utilità di congiunzione dei due colli ed è possibile identificare i cinque rioni della città. Cesaroni ha quindi dato un prestigioso contributo a Perugia e alla sua comunità alla quale ha lasciato in eredità un' inestimabile patrimonio, per storia e bellezza, che continua ad essere ancora oggi motivo di vanto e di orgoglio per tutto il nostro territorio.E. M. Pic byME 

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CARNEVALE DI SANT'ERACLIO 2020: ALLA VIGILIA DELLA 60°EDIZIONE VINCONO "PROFETICI" MEDICI RINASCIMENTALI,  INCARNAZIONE DEL SAPERE CONTEMPORANEO. 

24 febbraio 2020 

Il Carnevale di Sant'Eraclio, alla sua 59° edizione, si è confermato uno degli appuntamenti più attesi del periodo più allegro e pazzo dell'anno. A livello regionale è senza dubbio una delle manifestazioni più macchinose con i suoi sei cantieri e ben tre giornate organizzate e dedicate ai festeggiamenti. Maschere, coriandoli e stelle filanti arricchiscono questo clima di impegno e lavoro che dura ben 12 mesi: i volontari creano e gestiscono l'evento con professionalità  stupendoci con i loro carri che ogni volta sono apprezzati, non solo per la progettualità e l'estetica, ma anche per i loro messaggi. Il migliore viene premiato nell'ultima giornata, e questo 2020 vede vincitore il cantiere We Can con "2000 evo: chi non sa si salverà" (foto): il tema è quello della conoscenza, la quale sta diventando sempre più sterile a causa dell'abuso della tecnologia che paradossalmente sta allontanando dalla reale informazione. Il carro, allegoricamente vede libri contrapposti a  smartphone e medici rinascimentali, con le classiche vesti di chi contrastava le epidemie, che impersonificano  questo malsano sapere, virale. Testi, di molteplici discipline (ma anche i dottori i stessi), sono avvolti da fiamme, nella rappresentazione di un simbolico rogo iconoclasta. Emanuele Bastianini, responsabile, ha rimarcato, alla consegna della nomina, che il vero vincitore non esiste, ma la vittoria appartiene a tutti in quanto ogni membro, dai componenti dei  cantieri agli organizzatori, con energia danno il loro contributo. Il secondo e terzo posto se lo sono aggiudicati "Wonder Greta" (cantiere I Matti), dove la giovane Thunberg  in versione Wonder Woman è pronta a salvare il mondo dal cambiamento climatico, e "Saloon" (cantiere Cartoon), dalla divertente ambientazione Western. Altrettano belli e significativi erano gli altri tre carri come "Plastica in mare" (cantiete Area 51) con un maestoso Zeus che dall'alto protegge le sue acque, "Aladino e il tappeto volante" (cantiere I Plus) dallo stile orientale, e "Creature leggendarie" (cantiere Flash Back) nel quale vediamo sovrastare un imponente Minotauro. A chiudere l'evento il tradizionale spettacolo pirotecnico, a tempo di musica, che in questa edizione ha visto cambiare la sua location, in quanto non si è svolto come di consueto nel centro storico, a causa di recenti provvedimenti, ma bensì i fuochi sono stati originati dal campo sportivo, dando una nuova prospettiva dalla piazza, che comunque si è dimostrato suggestivo. Attendiamo quindi i festeggiamenti per i 60 anni di questa manifestazione che promette di stupirci semre di più. E riflettiamo sulla vincita di un profetico carro il cui tema era il contagio della mala informazione tecnologica, il quale con le sue maschere dai "becchi lunghi" ha esorcizzato involontariamente un delicato momento di sanità mondiale, che proprio in questi giorni ha coinvolto particolarmente la nostra nazione.E. M. Pic byME 

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UNO, NESSUNO E CENTOMILA  VOLTI DI MORGAN: TRIBUTO A BOWIE W/ THE WHITE DUKE PER IL PRIMO CONCERTO POST SANREMO. 

28 febbraio 2020

Esattamente come il protagonista di un racconto pirandelliano, Morgan è un'incognita da decifrare, tra genio incompreso e astuto personaggio da palcoscenico. Uomo dai centomila volti, a volte è il leader dei Bluvertigo, altre Morgan il grande artista osannato e altre ancora additato. Molto più semplicemente credo che Marco sia un uomo, folle, sì, ma indubbiamente con le sue fragilità. Approda all'Auditorium San Domenico rumorosamente: é la sua prima esibizione dopo aver calcato il palco dell'Ariston, e soprattutto è il suo primo concerto dopo la vicenda che lo ha visto protagonista del plateale "litigio" con il collega Bugo. Sull'onda del discusso avvenimento, anche qui, cambia le ultime parole di "Ashes to ashes", per intonare la ormai celebre strofa modificata di "Sincero". C'è quindi dell'ironia e la consapevolezza di strappare un sorriso, e ci riesce vista la entusiasta reazione della platea  appena si autocita pronunciando "Le brutte intenzioni, la maleducazione...". Sempre con sarcasmo, racconta della madre e del fatto che invece di Gianni Morandi, simbolo di una musica italiana pop, controcorrente preferiva David Bowie, sicuramente più rock e all'avanguardia: "le piaceva perché aveva una grande diversità musicale" e di lui diceva "labbra fini, quindi è pazzo (lei sosteneva), quindi mi piace". Marco aveva solo sette anni, era il '79, e da allora cominciò a seguire questa pazzia, letteraria, poetica, della melodia, del testo, delle sue interviste, delle sue apparizioni, e forse da lì cominció ad emularlo. Aggiunge che in Italia se si vuole "fare arte", purtroppo non se ne ha la libertà, e che probabilmente, lo stesso Bowie, se non fosse nato in Gran Bretagna, qui sarebbe "caduto nel dimenticatoio": rivolge quindi il pensiero a Umberto Bindi, cantautore genovese che probabilmente avrebbe dovuto avere più considerazione, ma che, forse, ha avuto la sfortuna di nascere nella nostra nazione. A Foligno il tributo al Duca Bianco, alternativo e sperimentale, Morgan lo affronta insieme ai The White Dukes,  band di altissimo livello con cui si è creata sinergia e complicità. Non sono mancate le celebri "Life on Mars", "Starman" che ricongiunge al pensiero di Tommaso Landolfi, simile per il concetto dell'uomo fuori dall'orbita terrestre, e "Heros", la più bella canzone del rock. La cultura di Marco, enciclopedica oserei dire, ha fatto sì che oltre alla musica del Duca Bianco, si è compresa la sua evoluzione dall'art rock alla new wawe, passando per la glam rock. Bowie, o semplicemente David Robert, allo stesso tempo è Ziggy Stardust e The Withe Duck. In qualche circostanza, sia Marco che David, saranno anche stati nessuno. Ma di sicuro Morgan, ieri sera, tra i centomila, ha scelto di essere Bowie fino a quando, con la sua "Altrove", con cui ci ha salutati, è tornato ad essere se stesso. 
E. M. Pic byME 

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COVID-19: L' INCOLUMITÀ DELLE PERSONE  PRIMA DI TUTTO, E L'AUGURIO DI UN RITORNO ALLA QUOTIDIANITÀ POST EMERGENZA CHE GUARDA ANCHE ALL' ARTE COME SALVEZZA PSICHICA.

1 aprile 2020

In un momento di emergenza sanitaria, tutte le realtà, nessuna esclusa, ne stanno subendo le conseguenze. Il nostro automatismo psichico non può che farci pensare in primis alle persone contagiate che stanno vivendo la fase cronica di questa infezione sconosciuta, alle loro famiglie e a coloro che sono in prima linea a fronteggiare questa pandemia. Ma ci siamo anche noi, che stiamo facendo del nostro meglio per isolare il virus. Purtroppo questo momento storico sta mettendo in ginocchio chiunque (incoscienti inclusi) e se va bene, a pericolo rientrato (e sottolineo rientrato) se saremo fortunati, rimarremo per ancora molto tempo provati a livello psicologico, pur essendone usciti salvi, in una lotta tra mostri invisibili (prima il virus poi la depressione e l'ansia). Per questo ritengo che l'arte debba tornare il prima possibile a vivere insieme a noi, seppur con i dovuti accorgimenti per la nostra sicurezza. Questo settore, come tanti altri, è in seria difficoltà, e anche se in una prima analisi  potrebbe sembrare frivolo accostare un ambito "ludico" ad un altro più nobile a livello di sopravvivenza, in quanti produttore di articoli di prima necessità, non dobbiamo perdere di vista due fattori: il primo è che dietro ogni industria ci sono persone che lavorano e come tutti temono il fallinento, e questo vale anche per l'arte e lo spettacolo, e in  secondo luogo,  non dobbiamo assolutamente sottovalutare il prodotto artistico in quanto è un vero e proprio pane che va a nutrire l'anima. Non si tratta di lirismo ma di effettivo riscontro psicologico garantito dall'evasione mentale di cui inevitabilmente avremo bisogno, e sarà indispensabile quando potremo (o vorremo) riprenderci la nostra quotidianità. Prima o poi tutti avremo la necessità di andare a vedere un film al cinema, perché la vita d'altronde va avanti, e se ne verremo privati sarà tutto più difficile di quanto possiamo pensare. Non basteranno più i libri o netfix (che, a prova contraria, sono parte integrante dell'ambito atlrtistico), arriverà il giorno in cui ci verrà voglia di uscire per "socializzare" con la cultura, che sia un concerto indie o un'opera lirica. A seguito di una condizione che ci vede protagonisti nascosti di in quadro di De Chirico ci si augura che l'allarme rientri, pur consapevoli del dolore, del vuoto e soprattutto delle perdite a cui abbiamo assistito. Dobbiamo ricordarci che c'è un futuro ancora da scrivere, e anche se, quando ci ridaranno la libertà faticheremo magari ad accoglierla, lei è lì, pronta per essere vissuta. In questa clima, le varie società di eventi del territorio si sono organizzate, ognuna a loro modo e soprattutto in base ai vari regolamenti dettati dal Presidente del Consiglio dei Ministri. In Umbria, ad esempio, vediamo lo staff del Festival dei Due Mondi di Spoleto che ha già, con un certo ottimismo, divulgato come sempre planning dei consueti spettacoli di giugno/luglio con annessa locandina***. Padre Fortunato, così come hanno fatto i direttori dei più grandi musei di tutto il  mondo, ha consentito l'accesso  alla Basilica di Assisi attraverso un tour virtuale. Il Teatro Stabile dell'Umbria  continua a farci compagnia con readings 2.0 a cui hanno partecipato divesri attori (tra cui Gasman, Guerritore-per Dantedì-, Marchionni, Liskova) attraverso dirette socil, in modo da da poter assaporare da casa alcuni brani delle più celebri pieces. Ancora si aspettano eventuali date per recuperare gli spettacoli cancellati**. Anche Tourné non ha potuto fare altro che  spostare (tranne per l'appuntamento con Shapiro e Vandelli che é stato annullato) a dopo l'estate tutti gli eventi di marzo, aprile e maggio, (qui il nuovo calendario www.umbriaeventiautore.com) a seguito del Decreto del 4 marzo al fine di contenere il COVID-19 (chiudendo luoghi di assembramento fino al 3 aprile, data che è ormai certo, verrà prorogata*); hanno potuto anche loro servirsi di Fb per promuovere #stay-on per piccoli live online. Si resta a galla, ma c'è bisogno di tornare. Senza quindi perdere di vista la situazione, la sua gravità e gli aspetti primari e fondamentali in cui le persone e la loro incolumità vengono prima di tutto, ho voluto riflettere su un aspetto che mi compete, che rivela uno dei tanti mondi di cui si parla meno, ma non per questo meno importante. Un mondo, in questo caso ripeto, necessario per il benessere psichico. E quindi non è sinonimo di leggerezza augurarsi di andare nuovamente a teatro, ai concerti o ai festival, perché quando accadrà vorrà dire che saremo al sicuro. Vorrà dire che siamo usciti dal tunnel. E questo è un augurio che ci unisce.E. M. Ph credit by web
*aggiornamento delle ore 20:00 del 1 aprile 2020: le restrizioni sono prorogate al 13 aprile 2020**aggiornamento del 2 aprirle 2020: il Teatro Stabile dell'Umbria dichiara ufficialmente annullata l'attuale stagione di prosa (per info www.teatrostabile.umbria.it)***aggiornamento  Ansa delle ore 18:50 del 2 aprirle 2020: sospeso il Festival dei Due Mondi di Spoleto, si attendono comunicazioni a seguito di una prossima conferenza indetta dal Comitato. 

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IL "CINEMA ALL'APERTO" A TREVI RECUPERA FAVOLACCE,  UN FILM ISPIRATO AD UNA STORIA VERA, ISPIRATO AD UNA STORIA FALSA. LA STORIA FALSA NON È MOLTO ISPIRATA. 

27 luglio 2020 

In uno scenario d'eccezione, Villa Fabri a Trevi, un'area nel bellissimo giardino che dal panorama suggestivo che proietta lo sguardo fino a Spoleto ed oltre, con la collaborazione del teatro Esperia di Bastia Umbra, da fine giugno fino ad agosto sarà possibile recuperare le ultime pellicole del palinsesto cinematografico e vedere in anteprima sul grande schermo film usciti solo on demand causa covid-19. (per info, programma e biglietti:  https://www.stradaoliodopumbria.it/trevi-cinema-con-vista-dal-26-giugno-al-9-agosto-2020/#mobile-menu) A seguito di un cambiamento di programma, causa maltempo, ieri sera è stato recuperato "Favolacce" opera dei fratelli D'Innocenzo e premiato come migliore sceneggiatura al Festival di Berlino. Un titolo che più evocativo non poteva essere. La favola è quella storia che ci viene narrata per dare una spigazione logica, attraverso la metafora, del bene e del male, dove quest'ultimo normalmente è travestito da lupo, da strega, non da padre o da madre. L'immagine di un genitore risulta quindi intoccabile, venerata, e solo in quella bolla creata ad hoc,  un eventuale  "patrigno" o "matrigna", che  per la sua etimologia non è genitore biologico, facendo quindi leva sul valore  del "sangue del proprio sangue", può indirizzarsi verso un comportamento meno umano (ragionamento retrogrado che  esclude  ogni eccezione). Le favole nascondono chiavi di lettura che aprono grandi riflessioni intente a migliorarci attraverso la loro morale. Questo film in tal senso è una vera e propria favolaccia: racchiude messaggi tra le righe in una trama verosimile, atroce, in cui il male non è raffigurato da creature parlanti, streghe o stregoni, ma dalle persone che abitano le nostre case, le scuole, le strade che percorriamo ogni giorno. Scenario che si ispira ad una folle, ma reale, cronaca che tristemente viviamo. Dettagli al di là di ogni immaginazione rendono tutto più romanzato facendo di questa storia una favola, che risulta grottesca, una favolaccia appunto. Ciò che emerge ci illustra come il mostro può essere chi dovrebbe tutelarci, proteggerci. E paradossalmente, chi  ancora  credere alle favole, e che dovrebbe avere più bisogno di tutela, i bambini, qui sono i protagonisti, nonché vittime di soprusi psicologici e fisici. Catapultati violentemente, senza alcuna preparazione, in un mondo adulto di cui assorbono linguaggio e atteggiamento, pur senza conoscerne il vero significato.E. M. Pic byME

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DOPPIO APPUNTAMENTO PER MICHELA ANDREOZZI A TREVI: SUCCESSO PER IL SUO SPETTACOLO "A LETTO DOPO CAROSELLO" E PER LA SUA OPERA DA REGISTA "BRAVE RAGAZZE". 

28 luglio 2020


Michela Andreozzi si racconta attraverso il suo ultimo spettacolo teatrale "A letto dopo Carosello": un sincero e  divertente salto nel passato, personale ma allo stesso tempo specchio un'Italia degli anni '70, quando Carosello stava per chiudere il sipario per sempre, quando si giocava all'aria aperta, quando a scuola la maestra se sbagliavi ti mandava dietro la lavagna, e i genitori erano suoi alleati, e non nostri, perchè l'educazione era un gioco di squadra. Interagendo con il pubblico sono state ricordati giochi e conte, le stesse nella memoria di tutti, chissà se qualche bambino di oggi le conosce. Quasi due ore di ricordi, tra vacanze estive e aneddoti tra fratelli, il tutto nostalgicamente divertente. Poi gli amori televisivi e i tormentoni pubblicitari, e le sue muse, tra cui Franca Valeri e  Gabriella Ferri, di cui  canta " Sempre"  per darci la " buonanotte al secchio". Donne ispiratrici che  l'hanno avvicinata al mondo dello spettacolo facendo  sì che diventasse  l'artista poliedrica che è oggi. "Brave ragazze", ad esempio, è il suo ultimo lavoro come regista. Cosi' a Trevi, dopo l'appuntamento con il "Teatro all'aperto" anche quello con "Cinema all'aperto" in cui i coniugi Vado (Michela era accompagnata dal marito Massimiliano che la prima sera era alla regia, e la seconda parte del cast) hanno presentato la proiezione del film. Ispirato ad una storia vera accaduta in Francia, le  protagoniste sono quattro donne (Ambra Angiolini, Silvia D'Amico, Ilenia Pastorelli e Serena Rossi) e il loro tentativo disperato di dare una svolta alle loro vite, complesse, attraverso un rimedio indubbiamente poco etico ma paradossalmente giustificato dalla legittima difesa e dalla sopravvivenza. Una riconoscibilissima regista, qui anche attrice, che si manifesta soprattutto nelle battute e nell'ironia, pur parlando di temi difficili come la violenza sulle donne, l'accettazione ma anche semplicemente raccontando del ruolo di madre e di donna sotto molteplici aspetti. Due giorni quindi, nella capitale dell'olio, in cui l'arte frizzante e profonda di Michela Andreozzi ci ha fatto compagnia in uno splendido scenario, il giardino di Villa Fabri, di cui ha apprezzato prima il panorama, definendosi grata della sua posizione privilegiata, mentre recitava, in quanto dal palco, è solo lei a poterne godere (cit. -ndr), e poi la bellissima architettura ottocentesca quando da spettatrice ha assistito alla proiezione del suo film.E. M.Pic byME 

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CIUFOLI CI CATALOGA IN "TIPI" DIMOSTRANDO CHE SIAMO TUTTI UGUALI. 

8 agosto 2020 

Secondo il vocabolario italiano "tipizzare" significa  'ridurre a tipo, mettere in rilievo i caratteri salienti, tipici, di qualche cosa, o qualcuno, e non credo ci sia descrizione migliore per argomentare il lavoro antropologico svolto da Roberto Ciufoli nel suo spettacolo. Facciamo  tutti parte di macro o micro categorie che ci descrivono, distinguono e caratterizzano. Spesso tali appartenenze evidenziano  chi siamo o chi vorremmo essere, ma in ogni caso raccontano molto di noi, e quando ci evolviamo, o semplicemente cambiamo, o non facciamo altro che traslare in un altro gruppo. L'identità di ciascuno di noi, dunque, è analizzata. Ciufoli con chirurgica simpatia, contrapponendo spesso due facce della stessa medaglia, come quando parla dell'indeciso e del  "tamarro", esprimendone l'incisiva di insicurezza, in entrambe i casi. Ma non solo: abbiamo supereroi, ballerini, i pigri, gli sportivi. E in ogni figura Roberto mette la sua verve, raccontando tutto sommato di ognuno noi. E paradossalmente comprendiamo che non siamo noi ad appartenere ad un genere, ma in ognuno di noi c'è un po' di ogni ogni genere. Le insicurezze, gli sbagli, ciò che ci rende umani non ha categoria, ma sono parte di ogni individuo, ed è questo il vero aspetto che fa da filo conduttore per tutto lo spettacolo, con un divertente Virgilio che per l'occasione si espone per conto di tutti noi, con le sue (nostre) fragilità. Shakespeare con il suo Amleto ne è la dimostrazione quando Ciufoli lo emula riportando la celebre riflessione, sul destino dell’uomo e sulla caducità della vita. Nel salutarci l'attore, oltre a complimentarsi  sul panorama che a lui è stato garantito (esattamente come disse la Andreozzi), ci riporta al concetto di aggregazione che unisce e non divide, al contrario dell'assembramento, che oggi come oggi, nonostante l'etimologia, è un termine che divide e non unisce.E.M.pic by ME 

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TRA INTROSPEZIONE E BODY ART, LE MOSTRE "INTERFERENZE" E "RETORICHE DEL CORPO" AL CAOS DI TERNI. 

9 agosto 2020


Al CAOS di Terni attualmente sono in corso due mostre temporanee introspettive e dall'impatto decisamente carismatico. La prima (in ordine di incontro), "Interferenze", è collocata nella Sala Carroponte: si tratta di cinque installazioni visive (Apotropia/Antonella Mignone e Cristiano Panepuccia-The kiss, Igor Imhoff-Underwater, Filippo Nesci-Now I go to sleep, Audrey Coianiz-Linea d'onda e Marco Fontichiari-Bitscape) su led dalle stesse dimensioni che ci mettono in contatto con la nostra memoria, errori, processi neurologici, percezione dello spazio e della realtà. Tra tutte, forse per l'impatto emotivo, The kiss è tra le opere più toccanti in cui i pixel sullo schermo piano piano configurano due sagome umane che sempre più riconoscibili si avvicinano in un toccante contatto che si conclude con un bacio. Il significato è quello di ricreare nella nostra mente di spettatore il processo chimico che nel nostro cervello si attua nel momento in cui nella vita reale questo accade. La seconda esposizione fa riferimento a performance prettamente degli anni sessanta e si intitola "Retoriche del corpo": la regina della body art, Marina Abramovic,  è presente con ben due opere, "Art must be beautiful...artist must be beautiful" e "Dragon head" rispettivamente un video del 1975, dove si spazzola i propri capelli con foga per "denunciare la mistificazione della figura dell'artista" e una foto del 1990 in cui il corpo in movimento, per logica associativa, è un boa  avvolge viso, coprendole gli occhi,  e collo, di una Marina inerme, impassibile ma non sopraffatta dall' animale (simbolo del male -?-). In collaborazione con la Raccolta di Arte in Video "Le Macchine Celibi" di Bologna (come il video della Abramovic) anche "Ciò che sempre parla in silenzio è il corpo"  di Alighiero Boetti, conte, il cui studio del gesto lo coinvolse a tal punto che il video in questione lo vede ritratto di spalle mentre scrive su una parete la frase dell'opera  con entrambe le mani e specularmente (foto) dimostrando il sottile collegamento tra cervello-comando-azione. Sempre sul filone fotografico particolare nota va anche alla più semplice ma esplicativa rappresentazione espressiva catturata da Arnulf Rainer in "Face Farces" e "Barthaar".E.M.
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"PARASITE", LA SCALATA SOCIALE RACCONTATA DA BONG JOON-HO. 

9 agosto 2020 


Come nella versione sudcoreana di 'Miseria e Nobiltà', il film drammatico di Bong Joon-ho racconta del desiderio di scalare la società al fine di una vita apparentemente migliore. Definita come "eccellente lettura del nostro tempo", mi sento dunque di dissentire in quanto, trovando "l'arrivismo" il tema centrale dell'opera, ciò che si evince è una questione non fa riferimento esclusivamente ai nostri giorni, ma bensì che nasce con l'umanità stessa. Il fatto di aver inserito nella trama, come veicolo fluido per la consecutio degli avvenimenti, la tecnologia e la sua fruibilità è quindi a mio avviso un collaterale dettaglio che specifica le abitudini e l'attitudine di chi vive la nostra epoca.Due famiglie a confronto, i Kim e i Park, ma soprattutto due condizioni che attraverso uno sguardo superficiale sembrano molto diverse per il tenore di vita decisamente agli antipodi, che invece, nella realtà , vivono entrambe di grandi paure e lacune, seppur diverse. A rompere questa dinamica una terza coppia, che di per sé fa da nucleo nonché  precursori di  piani opportunistici  nei confronti dei  benestanti Park,  che si trovano a lottare per la conquista della loro villa e della vita contro i Kim. Menzogne e interpretazioni attoriali si susseguono  pur di soggiogare la famiglia Park, avvicinandoli nel tentativo, da subito vano, di detronarli. A rendere del tutto più avvincente quello che man mano diventa sempre più un thriller è la presenza di un luogo oscuro, un bunker sotterraneo alla villa e una pietra ricevuta in dono entrambe simboli di verità: il primo come luogo in cui si torna ad essere (oltre allo scantinato fatiscente in cui  abitano per quanto riguarda i Kim) se stessi, la seconda  come mezzo in cui si agisce secondo il proprio istinto, atroce visto l'utilizzo che se ne fa. Parasite si aggiudica la vittoria eccezionale film (per essere stata la prima ad aggiudicarsi la statuetta non in lingua inglese) agli Oscar 2019 come Miglior Film, ma anche come: Miglior regia, Miglior sceneggiatura e Miglior film internazionale. Quindi grande successo per questo film dall'ambientazione sempre ingannevole, agevolata da un clima noir, in cui si è consapevoli  che oltre ogni inquadratura, c'era ben altro. Un lavoro che parla di relazioni familiari e che dimostra come spesso la ricchezza del bene dei propri cari sia un legame indissolubile.E.M. ph credit by web











Parasite - Un film di Bong Joon-ho. Bong Joon-ho ritorna alla sua forma migliore grazie ad un'eccellente lettura del nostro tempo. Con Song Kang-ho, Lee Sun-kyun, Yeo-jeong Jo, Choi Woo-Sik, Park So-dam, Hyae Jin Chang. Drammatico, Corea del sud, 2019. Durata 132 min

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UNA PARTICOLARE PRIMA OPERA PER UNA PARTICOLARE 63°EDIZIONE DEL FESTIVAL DI SPOLETO: "L'ORFEO" DI MONTEVERDI, REGIA DI LUIGI PIZZI. 

20 agosto 2020 


La piazza che normalmente ci ospita per i saluti finali, in questa particolare Festival di Spoleto 2020, è il luogo che ci accoglie  per la prima della sua tradizionale Opera. La 63° edizione si inaugura con L'Orfeo di Monteverdi qui portata in scena da Luigi Pizzi: ci troviamo difrontead una rappresentazione che se paragonata alle inaugurazioni, differenzia per ambientazione scenica e  costume: un clima semplice che fa leva sul valore aggiunto della Cattedrale di Santa Maria Assunta e del Caio Melisso con annesso Battistero, usati per l'occasione come quinta. Vestiti  di bianco e nero, gli attori/voci sul palco concentrano l'attenzione sulle loro doti messe a disposizione per raccontare la tragica storia d'amore di Orfeo e Euridice.  Un giorno di grande festa si tramuta in un momento funesto: Euridice muore dopo il matrimonio morsa da un serpente nell'intento di sfuggire ad Aristeo,anch'egli innamorato di lei. Per ritrovare l'amata Orfeo scese nell'ade dove Persefone gli consentì di riprendere la sua sposa a patto che non si voltasse mai a guardarla prima di aver lasciato l'inferno, ma Orfeo non mantenne la promessa perdendo la donna che amava per sempre. Tornato sulla terra vagò per molto tempo accompagnato alla sua disperazione fino a quando incontrò le baccanti che, dopo averlo catturato lo finirono atrocemente. A simboleggiare quest'ultime, donne coperte da veli neri, trasparenti e mossi dal vento e una mistica foschia a voler confondere l'occhio umano nel dover assistere a tale tortura. Pure la voce di alcune figure sul palco in questo secondo e ultimo atto era utilmente taciuta da mascherine così da evocare al pubblico la vera tragedia contemporanea.E.M.pic by ME
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LA ROCCA MAGGIORE DI ASSISI OSPITA LO HUMOR DI ALBERTI E BISIO  IN SCENA CON "MA TU SEI FELICE?". 

27 agosto 2020 


La comicità sottile, con un retrogusto dall' humor inglese, di Alberti e Bisio riecheggia ai piedi della Rocca Maggiore di Assisi. A seguito del rinvio causa maltempo, nel recuperare la serata i due attori si sono dimostrati più carichi che mai: il filo conduttore dello spettacolo è la felicità come si evince dal titolo " Ma tu sei felice?" dal libro di Federico Baccomo che presentano ai più attraverso il dubbio della sua popolarità (accertata). Attraverso la leggerezza, fatta di dialoghi quotidiani, definiti "da bar": proprio per questo i due attori di presentano seduti a un tavolino, dove tra una chiacchiera e l'altra, ci si accorge di appartenere ad un grande sistema fatto di gioie e dolori, di risate e preoccupazioni. Il finale inaspettato conferma questo doppio lato della stessa medaglia in cui affiancato ad un sorriso c'è sempre il confronto con la realtà  più difficile.  Baccomo nasce giurista e le prime opere rimangono proprio su questo filone fino a quando il suo soggetto si sposta dal mondo degli studi legali ( Studio Illegale, La gente che sta bene) ad altri ambiti come lo spettacolo ( Peep Show) fino a questa semplice chiacchierata tra due amici. Claudio e Gigi, qui Vincenzo e Saverio, parlano del più  e del meno con battute vivaci, tenendo un ritmo veloce che tiene lo spettatore incollato, parlano soprattutto i luoghi comuni milanesi, facendo riferimenti dettagliati sulla città Meneghina in cui l'autore vive ( e conosce). Tra battute, alcune in dialetto meno comprese dai più, e freddure ciò che si evince è un analisi dettagliata della società in un gioco che si svicola tra il teatro dell'assurdo e l'assurda realtà. E.M.ph credit by web

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"LE CREATURE DI PROMETEO. LE CREATURE DI CAPPUCCI", IN MENTE DEI INSIEME A BEETHOVEN. 

29 agosto 2020 


Due luminari nel loro ambito si affiancano per uno degli spettacoli più attesi di questa edizione del Festival dei Due Mondi: il grande Beethoven viene ricordato per il 250° dalla sua nascita, e per l'occasione la Fondazione Carlo Felice di Genova, a cura di Daniele Cipriani propone Le creature di Prometeo. L'opera che nel 1801  debuttò a Vienna al Burgtheater, completata da un balletto in 3 atti di Salvatore Viganò che prende spunto dalla favola classica del mito greco. Qui la coreografia è affidata a Simona Bucci che da movimento a 15 creazioni,  già vive di per sé, del grande stilista internazionale Roberto Capucci: si tratta di stupefacenti e indiscrete creazioni  della raccolta "Cappucci Dionisiaco, disegni per il teatro" conservata alla Galleria degli Uffizi. Coreografie a tratti impostate, a tratti sorprendenti e acrobatiche, e in alcuni punti chiari richiami alla danza di repertorio (come per il celebre passo ideato da Petipa&Ivanov ne "Il lago dei cigni", in cui il movimento delle braccia simulano le ali della candida creatura, che ad hoc troviamo rivisitato per il danzatore  abbellito con piume). Il ritmo imponente della composizione di Beethoven e l'audacia degli abiti indossati dagli scultorei danzatori creano una sinergia totalizzante che ammalia. I vestiti variopinti sono veri e propri richiami alla natura e alla geometria, e fluttuano, indossati, su cadenze musicali dall'impronta eroica, risultato di un unico sistema, perfetto. Esattamente come in origine fu per il balletto dedicato a Prometeo, al fine di simboleggiare l'importanza delle Muse, anche a Spoleto l'eroe greco, attraverso Cappucci  plasmatore su corpi umani di vere e proprie opere d'arte, ci trasmette l'arte che egli stesso  si assicurò  di tramandare. E in questa serata, tra danza, musica, poesia, scultura è decisamente stato onorato.E.M.pic by ME

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TUTTO CIÒ CHE DEVI SAPERE SULLA SCRITTURA CREATIVA

30 agosto 2020 

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SCIENZIATI SCOPRONO NUOVE TECNICHE DI MODIFICAZIONE GENETICA

12 gennaio 2023

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LA VOCE PROTAGONISTA AL TEATRO GIANCARLO MENOTTI DI SPOLETO: I NERI PER CASO CONCLUDONO IL FESTIVAL DI VISIONINMUSICA "LA VOCE DELLA TERRA". 

3 ottobre 2020


A volte per avere un risultato eccellente non c'è bisogno di molti mezzi. A volte basta la propria voce e un' innegabile bravura. E' l'esempio dei Neri per Caso, celebre gruppo a cappella che, complice anche una grande  amicizia -e  parentela- , nasce più di 25 anni fa, ed nel 1995 vincono Sanremo con "Le Ragazze", brano scritto da  Claudio Mattone, loro pigmalione. Proprio queste sei voci, esattamente di Domenico -Mimì- e gonzalo Carovano,  Ciro Carovano,  Mario Crescenzo, Massimo de Divittis e di Daniele  Blaquier (dal 1995), concluderanno quello che è stato un vero e proprio grido per l'Associazione Visioninmusica attraverso il progetto La Voce della Terra iniziato quindici anni fa, e che per questa edizione 2020 ci ha accompagnato da agosto per poi concludersi il 2 ottobre con il repertorio dell'ultimo album "We love Beatles" di questi ragazzi Campani. Il Teatro Giancarlo Menotti di Spoleto  come luogo di incontro per questa serata finale che dimostra come nonostante il momento di emergenza  sanitaria sia necessario essere tenaci senza mai perdersi d'animo. Questa serata è stata in particolar modo presentata, tra un brano e l'altro, da Mario Crescenzo estremamente abile a dialogare e a coinvolgere il pubblico attraverso l'ironia e ricordando anche lui l'importanza di tornare sul palco e di riempire le poltrone dei teatri. A tutto questo si unisce il protagonismo della musica, della voce appunto, che abilmente i Neri Per Caso utilizzano come loro unico strumento e grazie alla fusione  e soprattutto ad una calibrata distinzione di ruoli. Non serve altro. Ciro da il "la" e si origina un ensemble sublime. Ci deliziano, oltre che con le canzoni della band di Liverpool, anche con testi di grandi cantautori italiani come Mango, Baglioni,  Zucchero (con " Donne", che hanno riproposto anche qui  parteciparono nel '94 a Sanremo Giovani), Pqino Daniele e il grande Lucio Dalla cn bv c mjnbc con cui sottolineano di avere avuto l'onore di lavorare e conoscere. Ma anche musica sud americana come "Guantanamera" di Celia Cruz  e l'invito a tutti di ballare. Così come l'invito spesso a anche a cantare. Ma i momenti più attesi sono stati portati in scena dall'esibizione delle proprie canzoni più celebri, "Le Ragazze" e " Sentimento pentimento". Al termine del concerto, con un pubblico costantemente entusiasta, un evocativo bis li ha visti alietarci  con canzoni dei cartoni anni '80 vestiti del loro marchio.Mostra testo citatoMostra testo citato

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I MODI SORPRENDENTI IN CUI LA MUSICA CAMBIA IL TUO MODO DI PENSARE

3 ottobre 2020


A volte per avere un risultato eccellente non c'è bisogno di molti mezzi. A volte basta la propria voce e un' innegabile bravura. E' l'esempio dei Neri per Caso, celebre gruppo a cappella che, complice anche una grande  amicizia -e  parentela- , nasce più di 25 anni fa e che nel 1995 vinse Sanremo con "Le Ragazze", brano scritto da  Claudio Mattone, loro pigmalione. Proprio queste sei voci, che esattamente appartengono a Domenico -Mimì- e Gonzalo Carovano,  Ciro Carovano,  Mario Crescenzo, Massimo de Divittis e a Daniele  Blaquier (dal 1995), concluderanno quello che è stato un vero e proprio grido di speranza per l'Associazione Visioninmusica attraverso il progetto La Voce della Terra, che per questa particolare edizione 2020 ci ha accompagnato da agosto per poi concludersi venerdì, 2 ottobre, con il repertorio dell'ultimo album "We love Beatles" di questi rari artisti Campani. Il Teatro Giancarlo Menotti di Spoleto  come luogo di incontro per questa serata finale che dimostra come nonostante il momento di emergenza  sanitaria sia necessario essere tenaci senza mai perdersi d'animo. Il concerto è stato in particolar modo presentato, tra un brano e l'altro, da Mario Crescenzo, estremamente abile a dialogare e a coinvolgere il pubblico attraverso l'ironia e ricordando anche lui l'importanza di tornare sul palco e di riempire le poltrone dei teatri. A tutto questo si unisce il protagonismo della musica, nello specifico della voce appunto, che abilmente i Neri Per Caso utilizzano come loro unico strumento che fondono  e che soprattutto ottengono con una calibrata distinzione di ruoli. Non serve altro. Ciro da il "la" e si origina un ensemble sublime. Ci deliziano, oltre che con le canzoni della band di Liverpool, anche con testi di grandi cantautori italiani come Mango, Baglioni,  Zucchero (di cui hanno riproposto anche qui  "Donne" con cui parteciparono nel '94 a Sanremo Giovani), Pino Daniele e il grande Lucio Dalla. Ma anche musica sud americana come "Guantanamera" di Celia Cruz  e l'invito a tutti di ballare. Così come l'invito, spesso, anche a cantare. Ma i momenti più attesi sono stati portati in scena dall'esibizione delle loro canzoni più celebri, "Le Ragazze" e " Sentimento pentimento". Al termine del concerto, con un pubblico costantemente entusiasta, un evocativo bis li ha visti alietarci  con canzoni dei cartoni anni '80 vestiti del loro marchio inconfondibile, e unico nel repertirio del pop/melodico italiano. Un evento che con  eleganza e originalità  ha sì terminato la voce del  festival estivo di Visioninmusica, ma che allo stesso tempo, ci auguriamo, abbia dato inizio ad un periodo in cui tornemo ad essere quelli di prima.E. M. Pic byME 

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RAPHAEL GUALAZZI INCANTA CON IL SUO PIANOSOLO AL NINFEO DI VILLA FABRI A TREVI. 

30 luglio 2022

Esattamente dieci anni fa all'Eurovision di Düsseldorf  un ragazzo di nome Raphael Gualazzi  portò alto l'orgoglio Italiano arrivando secondo col brano "Madness of love". E questo accadeva ancora prima della vittoria dei Måneskin ad Amsterdam 2021. Ne è passato di tempo, forse allora non gli avranno dedicato un billboard di spotify  in Times Square a NY, ma il successo di quel giovane artista si è consolidato, ad oggi, grazie ad un pubblico di nicchia, consapevole della natura preziosa della sua arte. Raphael è un pianista, compositore e cantante raffinato, e lo si evince per la complessità degli spartiti che suona e  la semplicità con cui li esegue. La sua formazione parte dall'amore per il jazz, quello più verace, che va dalle sue origini, gli anni dieci del secolo scorso, fino agli anni quaranta. Una musica che parte dal popolo come grido di speranza, e Gualazzi traduce tutto questo dignitosamente, con eleganza, attraverso il suo pianoforte. Propone un repertorio variegato che racconta sia della sua cultura che della sua creatività, alternando, ad esempio, lo swing di Scott Joplin ai  suoi maggiori successi come  "L'estate di John Wayne" (per l'occasione resa meno "radiofonica") e " Madness of love" già citata prima. Quello proposto nel  ninfeo di Villa Fabri a Trevi è stato un concerto dal clima  intimo, nonostante il sold-out, disteso, nonostante il ritmo allegro, coinvolgente, tanto da far venir voglia di ballare e cantare, nonostante i pensieri dovuti alle circostanze. Il tutto completamente in linea con il progetto "Suoni Contro Vento",  che da anni si propone di mettere in contatto arte, natura, musica e letteratura creando un dialogo emozionale tra eventi e ambiente circostante. Un ottimo incastro, quindi, tra il suggestivo giardino al tramonto, affacciato sulla valle che guarda a Spoleto, e le note jazz/swing in sottofondo. Note suonate da un artista autentico, che non segue le mode del suo tempo, bensì  la sua anima black, che probabilmente è ancora lì, tra le strade affollate  di una New Orleans dei primi del Novecento.Erika Moroni Pic by ME

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12 gennaio 2023

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DOPO TRE ANNI, ALL'ANFITEATRO DI TERNI TORNA NOA PER VISIONIMUSICA.

29 giugno 2022

Incontrare Noa è sempre toccante ed estremamente suggestivo. A distanza di due anni dalla sua esibizione a Scheggino, l'artista torna per Visionimusica nell'anno del suo 30° Anniversario, esibendosi all'anfiteatro di Terni. Trent'anni in cui la sua voce, potente e celestiale, e la sua  musica, eclettica, hanno raggiunto ogni angolo del mondo: esito, oltre che del suo indiscusso talento, anche  della sua empatia e capacità di comunicare con chiunque. Nelle sue note riconosciamo influssi  mizrahi, jazz, neomelodici,  pop,  tribali e classici, a dimostrazione di come  la musica sia una sola, esattamente come lo è il genere umano. Portatrice di un messaggio di pace, Noa é da sempre contro ogni forma di razzismo, guerra e violenza di ogni genere; consapevole di avere l'onore di parlare da un pulpito, con la sua umiltà, durante i suoi concerti, ci invita sempre alla riflessione, ponendo l'attenzione su fatti personali e a lei cari, così come su importanti vicende mondiali, in cui il comune denominatore è sempre e solo la solidarietà e la compassione verso il prossimo. Ama togliere ogni tipo di distanza, dialogando e coinvolgendo attivamente il pubblico esprimendosi in più lingue, tra cui l'italiano. Si muove sul palco con gesti eleganti, danzando e suonando. Lo spettacolo, nel cuore dell'Interamna Nahars, ha come sempre sprigionato  l'essenza di questa donna e della sua arte: accompagnata da Gil Dor alla chitarra, Omri Abramov al sassofono e flauto, Gadi Seri alla batteria, Noa ha portato in scena brani come  "No, Baby" e "The Angels", dal suo ultimo progetto Letters to Bach, ma anche "I don't know", ma anche atmosfere napoletane con  "Era de Maggio"  e  la famosissima "Beautiful the way",  con cui ha terminato il concerto. Ormai salutare così il suo pubblico è un rito. Ci consegna in mano queste ultime parole, adattate alla musica del M° Piovani. Stà a noi farne buon uso. Ci ricorda che dobbiamo celebrare la vita, ogni singolo istante. Perché Lei è bella, Lei è sacra.

E.M.
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I MODI SORPRENDENTI IN CUI LA MUSICA CAMBIA IL TUO MODO DI PENSARE

12 gennaio 2023

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IL SAGRATO DELLA BASILICA SUPERIORE DI ASSISI SI ILLUMINA SULLE NOTE DEL MAESTRO MARIO BRUNELLI.

19 luglio 2022


CI SONO MATTINE DIVERSE, SEPPUR SEMPRE UGUALI. A VOLTE BASTANO POCHI DETTAGLI A  RENDERE TUTTO SURREALE MA ESTREMAMENTE AUTENTICO: UN' ALBA CHE SORGE MENTRE IN CIELO C'È ANCORA LA LUNA, UN' ARCHITETTURA SACRA COME SCENOGRAFIA, DELLE NOTE GENERATE DA UN VIOLONCELLO, UNA MONGOLFIERA IN LONTANANZA. QUESTO INCANTO ACCADE GRAZIE ALLA NATURA, ALLA STORIA, E GRAZIE ALLA SENSIBILITÀ DI CHI  IDEA MOMENTI COSÌ.

SIAMO AD ASSISI, SUL PRATO ANTISTANTE LA BASILICA SUPERIORE  E SUL SAGRATO SI STA ESIBENDO UN GRANDISSIMO MAESTRO. È IL CONCERTO INAUGURALE DI SUONI CONTROVENTO, IL FESTIVAL CHE DA ANNI SI  IMPEGNA  A  FONDERE ARTE E NATURA (SEMPRE NEL SUO RISPETTO), RICORDANDOCI QUANTO DI BELLO AL MONDO CI SIA. OGNI EVENTO È UN ESPERIENZA SUGGESTIVA E INDIMENTICABILE, E QUESTO PRIMO APPUNTAMENTO, CI VEDE RIUNITI DURANTE L'AURORA  CON IL GRANDE VIOLONCELLISTA  E  DIRETTORE D'ORCHESTRA MARIO BRUNELLO, CHE CI PROPONE UN REPERTORIO DI  MELODIE BAROCCHE COME CAPRICCI, CIACCONE, PASSACAGLIE DI AUTORI VARI DEL ‘600  E  SUITE PER VIOLONCELLO N. 1 & N. 2 DI J.S. BACH. IN PIÙ MOMENTI, ATTRAVERSO L'UTILIZZO DEL PEDAL STEEL, SUONA SULLA BASE DELLA SUA STESSA MUSICA REGISTRATA E AGGIUNTA DI VOLTA IN VOLTA ALLA BASE PRECEDENTE, FINO A COMPLETARE LA MELODIA. L' APOTEOSI, ANCHE GRAZIE A QUESTO STRUMENTO, VIENE RAGGIUNTA CON L'ULTIMO BRANO (PRIMA DEL BIS),  "JESUS' BLOOD NEVER FAILED ME YET" DI GAVIN BRYARS  FT. TOM  WAITS, DALL' INTENSITÀ TALE DA FERMARE IL TEMPO E IL RESPIRO PUR DI NON DISTURBARE. UN TEMPO CHE IN REALTÀ, QUALCHE ISTANTE PRIMA,  È STATO SCANDITO DALLE CAMPANE DELLA BASILICA CHE ANNUNCIANO  LO SCOCCARE DELLE 7:00 IN PUNTO.

CASUALMENTE, IN QUEL MOMENTO, BRUNELLO SI FERMA, LASCIA LA SUA POSTAZIONE E  SI GIRA AD AMMIRARE LO SPLENDORE CHE LO STA OSPITANDO E AVVOLGENDO,  E CHE MENTRE SI ESIBISCE NON PUÒ OSSERVARE.  COSÌ,  LASCIANDO ANDARE  LA RIPRODUZIONE ELETTRONICA, E DANDOCI LE SPALLE, ANCHE LUI DIVENTA SPETTATORE. ANCORA TRENTA MINUTI DI SUBLIME ATMOSFERA. DOPO IL LUNGO APPLAUSO FINALE TANTA GENTE SI ALZA PER ACCLAMARE IL MAESTRO E  PER ACCLAMARE IL BIS (GENEROSAMENTE CONCESSO). MA SOPRATTUTTO PER RINGRAZIARE MARIO BRUNELLO DI QUESTO CONCERTO, CHE È INIZIATO CON LA FACCIATA DI SAN FRANCESCO NELL'OMBRA, E SI È CONCLUSA CON LA BASILICA COMPLETAMENTE ILLUMINATA DAL SOLE: UN ALTRO GIORNO È INIZIATO.

E.M.

PICBYME 




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MANUEL AGNELLI PRESENTA IL SUO NUOVO PROGETTO DA SOLISTA CON IL SUO ATTUALE TOUR, E IN UMBRIA APPRODA AD ASSISI.

24 luglio 2022

Mentre stiamo attraversando un  periodo musicale in cui la trasgressione é la cifra stilistica inflazionata del nostro cantautorato, Manuel Agnelli con il suo anticonformismo è pura autenticità. Lui, uno degli originali, sempre all'avanguardia, é sicuramente fonte di ispirazione per le nuove leve, i quali, però,  spesso peccano di presunzione sentendosi arrivati pur mancando di identità. Mentre  dovrebbero solo comportarsi come "nani sulle spalle di giganti". E In un sabato di fine luglio, ai piedi della suggestiva Assisi, grazie all'impeccabile organizzazione dello staff del Riverock, sul palco del Lyrick Summer Arena proprio lui ha portato e condiviso questa verità, fatta di musica alternative underground. In questo periodo sta assaporando e sperimentando l'esperienza da solista, rimanendo comunque fedele al suo modus operandi,  e nei suoi concerti si racconta sia con le  nuove che con  le storiche canzoni, come "La profondità degli abissi", singolo pluripremiato, colonna sonora del film Diabolik, "Proci" che da il titolo al suo nuovo progetto in uscita a settembre e le  celebri "Quello che non c'è" e "Non è per sempre" (lasciata per il bis). Ad accompagnarlo in questo tour un corpo di musicisti d'eccezione: Frankie e DD dei Little Pieces Of Marmelade, Giacomo Rossetti dei Negrita e Beatrice Antolini. Si é dunque respirata una nuova sinergia, potentissima, che non ha deluso, e che soprattutto non ha alterato i brani portati in auge con gli Afterhours. Agnelli, che si conferma una certezza, ad ogni pausa ringrazia sentitamente il suo pubblico, e di ogni pezzo ne riassume il significato: ci accenna della ricerca di se stesso,  di come gli sia capitato di sentirsi perso, di come non si sia riconosciuto nei suoi simili, di come abbia cercato il suo posto in questo mondo, del suo desiderio di libertà. Storia di molti che lui esprime attraverso la sua voce intensa,  il suo piano, la sua chitarra e la sua poesia acuta e onesta. Ricordandoci che la vera trasgressione è rimanere sempre e comunque fedeli a se stessi. E Manuel è trasgressivo, da sempre.
E.M.

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TRA PASSATO E PRESENTE IL M°LUDOVICO EINAUDI SI ESIBISCE A CARSULAE RICORDANDOCI CHI SIAMO.

1 agosto 2022

Durante l'ultimo tramonto di luglio, in un luogo eterno, Ludovico Einaudi si è esibito fondendosi nella magia di ciò che lo circondava, diventando parte di essa. L'arco di Damiano a fare da sfondo, tantissime persone sedute davanti a lui su un terreno pieno di storia ed energia e il sole che illumina insolentemente il Maestro fino scomparire. In questo scenario, Einaudi condivide un repertorio nuovo, attraverso il suo ultimo tour Underwater, (che prende il nome dall'omonimo brano nonché ultimo album estremamente intimo), e mai titolo fu più coerente. Sott'acqua si è senza respiro, si è ovattati, si è in una condizione estranea, parallela, seppur tangibile. Sott'acqua ci si può meravigliare, arricchire, ma anche spaventare. Ed è esattamente così che si vive ad ogni  concerto di Ludovico Einaudi, un confluire di emozioni, un viaggio dentro se stessi, come estraniati dalla quotidianità, ma mai così a contatto con il mondo reale. L'imponente sito archeologico di Carsulae in questa occasione  è il nostro mare: questo spazio senta tempo, che racconta di civiltà lontane, tanto distanti ma simili a noi, ci ospita e ci accompagna indicandoci  letteralmente la strada da seguire, infatti è proprio percorrendo la vecchia Flaminia che si giunge al parco in cui è stato allestito il palco. E nel mentre, quel che resta di una città romana evolutissima, ci ricorda chi eravamo e chi siamo. Un viaggio nella propria identità, nella memoria dei nostri antenati, che si completa entrando nel mondo libero e puro di Ludovico Einaudi. A dimostrazione che il genere umano è mosso dagli stessi sentimenti, ieri come oggi, che si tratti delle dinamiche di un intero popolo o di un unico grande uomo. Ascoltare i  brani del Maestro è totalizzante, è infinito, rigenerante ma sa togliere anche  il respiro. Underwater nasce in un momento statico, "senza interferenze esterne", e il risultato é un  suono istintivo, avvolgente e profondo. Tra i brani, quasi canzoni (intese come forme brevi), di questo nuovo progetto abbiamo potuto ascoltare Luminous, Flora e Temple White. Non poteva non regalarci anche i celebri Una mattina, Fly e l'immensa Experience. Grande la mancanza invece di Nuvole Bianche. Rimane comunque impossibile non sentire una grande forza dopo aver preso parte ad  un evento simile. Organizzato da Suoni Controvento, l'incontro tra natura storia e arte è sempre un matrimonio perfetto.
Il concerto di Einaudi si conclude e il primo spicchio di luna crescente che prende il posto del sole in cielo. E sulla via del ritorno,  attraversando  lo scavo al crepuscolo, dopo la musica ancestrale del Maestro  ci si scopre sereni, inquieti, felici e tristi, ma soprattutto ci si scopre vivi.
E.M.
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CHARLES MINGUS RIVIVE GRAZIE ALLO SPETTACOLO DEI QUINTORIGO E GINO CASTALDO: A SPOLETO SI ESIBISCONO PER IL PROGETTO "LA VOCE DELLA TERRA".

4 agosto 2022

Nello splendido scenario contemporaneo del cortile di Palazzo  Collicola a Spoleto, i Quintorigo e Gino Castaldo hanno celebrato  un musicista che tutt'oggi è  considerato uno tra i più grandi jazzisti di ogni tempo: Charles Mingus.
Tra note e parole, chi era presente ha percepito la gigante presenza di questo  uomo che fisicamente non c'era, ma che, grazie alla bravura di chi  era sul quel palco, si è materializzato davanti a noi.
Mingus, che ha dedicato la sua vita alla musica,  la quale in cambio gli ha restituito il favore  mettendosi a sua completa disposizione, ha raccontato l'aspetto più verace dell'esistenza, dell'eros e della passione attraverso le sue composizioni. Famoso per aver dato risalto al contrabbasso, strumento solitamente in seconda fila, nella serata in suo omaggio,  Stefano Ricci dei Quintorigo ha avuto la responsabilità e l'onore di dare voce a  proprio a questo elemento della band, e insieme a  Andrea Costa (violino), Gionata Costa (violoncello) e Valentino Bianchi (sassofono) sono riusciti a ricreare un ensemble d'eccezione. Loro, famosi per il loro stile anticonformista è imprevedibile, sono tra i più ecclettici strumentisti dell'attuale panorama musicale italiano: qui si vestono di jazz e, rigorosi e letterali, hanno riprodotto in brani di Mingus impeccabilmente. Ad affiancarli la voce di uno dei più importanti critici musicali nonché giornalista Gino Castaldo, che vanta il privilegio di aver conosciuto Mingus: ed è sinergico ascoltarlo mentre racconta di quando per una mera casualità ha trascorso la prima notte di nozze (prime nozze in gioventù) proprio con il grande maestro, o del giorno in cui casualmente lo sentí suonare il pianoforte nella stanza  deserta di un hotel, e avvicinandosi all'uscio lo vide al piano e rimase lì ad ascoltarlo senza disturbarlo per non interrompere quel momento magico. Ma aneddoti a parte, il racconto di Castaldo, intervallato dalla musica, ha reso limpido il personaggio e la persona di Mingus, sottolineando le sue influenze musicali, quasi connessioni spirituali,  il suo rapporto con gli altri grandi del tempo, come Charlie Parker, (di cui verrà suonata "Lover Man") della sua passionalità, e di come ha inciso sulle sue creazioni. Mingus é carnale, lo si evince dalle sue composizioni, come "Carnegie Hall" e "Oh yes", totalmente viscerali. La capacità di questi professionisti ha reso possibile qualcosa di surreale, portando in scena questo spettacolo intitolato "Mingus 100, la.storia di un mito",  e questo è stato possibile anche  grazie al progetto La Voce della Terra organizzato da Visioninmusica, associazione consolidata,  diretta da Silvia Alunni, che ha dato spazio a questo evento. Quello a cui abbiamo assistito a Spoleto è stata una vera e propria materializzazione di un artista che, su quel palco, c'era  fisicamente. E la sua musica, ormai indelebile, è testimonianza  della sua immortale esistenza. 

E.M.
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COSMO È PRONTO A FAR BALLARE L'ANFITEATRO DI TERNI NELLA TERZA SERATA DEL BARAVAI MUSIC IN COLLAB CON DANCITY.

26 agosto 22 

Baravai e Dancity, due delle più importanti organizzazioni umbre, si uniscono per festeggiare la terza serata estiva  del Baravai Musicche si terrà nel suggestivo Anfiteatro di  Interamna Nahars. Domani sera, 27 agosto, grazie a questa collaborazione,  salira sul palco Marco Jiacopo Bianchi, cantautore, producer e dj, conosciuto come Cosmo. Irriverente, libero e senza filtri, Marco, tra synth pop  e metafore, raggiunge l'apice di concetti carnali del tutto istintivi. Racconti che si sposano con i ritmi veloci e continui, su cui ballare e dai quali è impossibile non farsi travolgere. Tra i suoi celebri brani "Sei la mia Città", "l'Ultima Festa" e "La Musica illegale", ma anche molto instrumental come "Soprano"  e  "Sheldrake". Artista dall'indole raffinata, nei suoi progetti cogliamo influenze tribali, ambient, pop, e questo anche grazie alla sua preparazione e ricerca musicale. I suoi concerti sono veri e propri happening, che uniscono magnifici visual alla presenza scenica di Cosmo (polistrumentista nonché in consolle, solitamente affiancato da due batteristi), il quale parallelamente a tratti decide di  farsi nascondere dagli stessi effetti luminosi per dare  spazio alla musica. A Terni, dunque,  ci aspettiamo una serata all'insegna del sano divertimento, in cui evadere e dare spazio al "qui e ora". E nel raggiungere questo risultato Cosmo è un maestro.E.M.Picbyweb

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SOTTO UN CIELO DO STELLE, LA TEATRO ROMANO DO GUBBIO, CRISTINA DONÀ CI RACCONTA DEL SUO ULTIMO PROGETTO, DESIDERA.

21 agosto 22

Il desiderio è un viaggio che porta alla concretizzazione dei propri impulsi, é una ricerca volta ad appagare i propri vuoti. Una parola la cui etimologia deriva dalla malinconica, ma poetica, immagine de sidera, ossia senza stelle. Ed è in quella in quella mancanza, che si può trovare la determinazione, ma anche la perdizione. deSidera (scritto unito, ma con la "s" maiuscola, per ritornare alle stelle, ma senza essere snob -ndr-) è l'ultimo album di Cristina Donà creato a quattro mani  con Saverio Lanza, con lei in tour: un progetto che nasce già prima del lockdown, e che si sviluppa con la prima fase della pandemia. Questo nuovo lavoro risulta cupo e denso, esattamente come il periodo che già si intravedeva all'orizzonte e che poi ci ha travolto. In quella primavera 2020, venne composta "Senza fucile e spada", unico brano composto durante la pandemia, in cui Cristina denuncia la malasanità della lombardia (nello specifico della Val Seriana, luogo in cui risiede e che altro non é che lo specchio di tutto il resto d' Italia). Lei, cantautrice raffinata, dalla voce seducente,  mette in musica stati d'animo profondi. Le sue melodie spaziano dall'onirico, al rock fino ad arrivare all' elettronica (qui definita primitiva) e perché no, alla dance (perché "la casa in 4 aiuta a riflettere meglio"), e le sue parole sono le visioni astratte di  concetti concreti.
Così in una serata d'estate ci si ritrova ad emozionarsi e a ballare in un solenne Teatro Romano: siamo a Gubbio ed è la prima volta per Cristina in questo luogo pieno di storia, anche se in passato si è esibita più volte in Umbria. La serata, inserita nella rassegna del GOF (Gubbio Oltre Festival), in collaborazione con Moon in June, ha chiuso il sipario di questa manifestazione all'insegna dell'incontro e che tra musica e corsi ha attratto pubblici diversi. Il cielo sopra il teatro accoglieva una su tutte la maestosa costellazione dell'Orsa Maggiore e mentre Cristina Donà si esibisce tutto sembra in armonia. Da sempre ama ispirarsi alle stelle, all'infinito e già nel suo primo album, con "Stelle Buone",  racconta di un amore interrotto, il cui senso di pace dovrebbe essere di esempio per ogni relazione, e in cui  gli astri sono un simbolo, un punto fermo e rassicurante. Successivamente parlerà anche di sconfinati spazi con la splendida "Universo",  poesia totalizzante che dimostra come tutto sia in connessione, che ci dona sul finire del concerto proponendoci un bellissimo bland-song con "Across the Universe" dei Beatles.
Questo ininterrotto horror vacui, che ci appartiene, è uno stimolo a riflettere e a riappropriarsi del proprio io. Per Cristina si è rivelata una  ricerca iniziata tempo fa, e  che giunge all'apice attraverso questo nuovo album il quale arriva dopo sette anni da Così vicini. Un periodo  di riflessione e osservazione, di identificazione e confronto dove la  cantautrice ha affrontato il caos in cui ci troviamo quotidianamente che troppo spesso ci fa sentire inadeguati. Ci saluta con "Titoli di coda" ma senza lasciare veramente la  scena: torna per il bis con "Invisibili" e "Settembre". Visibilmente commossa, quando abbandona il palco, un vuoto riecheggia nell'aria, ma alzando gli occhi, nel blu della notte,  lo spettacolo continua: possiamo ancora guardare le stelle.
E.M.
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Fibre Optics

TUTTO CIÒ CHE DEVI SAPERE SULLA SCRITTURA CREATIVA

12 gennaio 2023

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DNA Strand

SCIENZIATI SCOPRONO NUOVE TECNICHE DI MODIFICAZIONE GENETICA

12 gennaio 2023

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Modern Technology

LE APP PER LA DOMOTICA SONO UN RISCHIO PER LA SICUREZZA?

12 gennaio 2023

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I MODI SORPRENDENTI IN CUI LA MUSICA CAMBIA IL TUO MODO DI PENSARE

12 gennaio 2023

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AL GUBBIO DOC FEST ACHILLE LAURO CON "SUPESTAR" DIVULGA IL SUO CREDO.

28 agosto 22

Chi è veramente Achille Lauro? Personalità complicata quanto estremamente semplice, parlare di lui come di un personaggio trasgressivo, provocatorio e blasfemo e fin troppo scontato. Partiamo dal  fatto, innegabile, che le sue canzoni, ma soprattutto le sue apparizioni, sono estremamente eccentriche e, ad un primo (approssimativo) sguardo, molto artificiose. In realtà, nonostante Lauro studi maniacalmente a tavolino il suo linguaggio comunicativo, nel suo operato vige la spontaneità dei racconti che porta in scena, e l'empiricità, autobiografica e non, di un vissuto che condivide con chi vuole ascoltarlo. Quello che apparentemente sembra orbitare in superficie, fa quindi un giro di boa narrativo, per poi sprigionare il suo implicito e profondo significato. Lui stesso ammette che "prima di dare una canzone al mondo" quei "fogli" gli servono a scopo terapeutico: ogni frase  è quindi volta a comprendersi e a comprendere. Testi  irriverenti, uniti a Cori gospel ( "Come fosse domenica"), al romanticismo contemporaneo ("16 marzo"), alla coerenza  (''Rolls-Royce'', ''Me ne fego''), confermano un eclettismo volto a catturare l'attenzione di un pubblico vastissimo. Ci si ritrova così nella sua  bolla, visionaria, creata appositamente per scuotere le coscienze attraverso messaggi che invitano ad essere liberi. Un percorso musicale iniziato con l' Urban, genere che ha da subito tentato di personalizzare ma  che ha comunque abbandonato, non molto dopo,  per la  matrice maschilista, lontana dai suoi ideali inclusivi. La sua sperimentazione musicale,  il desiderio di originalità, ha fatto sì che la produzione di Achille si confermasse  sempre più come un ibrido dalle sonorità pop, punk e rock. Il suo ultimo tour, Superstar, racchiude in sé tutto questo e molto altro: è un punto di congiunzione tra passato e presente, con brani storici  e nuovi  pezzi, tutti arrangiati da  Marco Lanciotti e Gregorio Calcullo. Grazie al Gubbio DOC Fest, nella Piazza Grande, sede storica della manifestazione (che ha rischiato di non essere  accessibile per l'edizione 2022), si è svolto questo evento ispirato, nell' abbandono dei luoghi comuni,  al Jesus Christ Superstar. Lauro, con tre cambi d'abito (tra lacci, frange e lustrini), effetti scenici, atteggiamento sicuro, mostra la sua sensibilità, dialogando, ringraziando  e invitando il pubblico a godersi lo spettacolo con gli occhi e non attraverso lo schermo sterile di un cellulare: porta il suo celebre repertorio e tutti sono in  visibilio. Osservando la folla, è bellissimo non riconoscere  un solo target, ma bensì  persone diverse tra loro, per età, sesso e stile. Altri poi, si sono aggiunti, non appena le porte della piazza sono state aperte:  mentre Achille intonava « non è follia, ma è solo vivere »,  la generosità di questo artista, e un bonario narcisismo, sono state confermate dal desiderio di non escludere nessuno per  il gran finale,  ossia una suggestiva e semplice performance di  "C'est la vie", con completo bianco e voce su base alleggerita, dove Achille si spoglia di ogni orpello, in una sorta di assoluzione e rimanendo più nudo di quando vuole scandalizzare senza abiti.  Saluta, ed elegantemente  abbandona il palco lasciandoci con  i suoi  bravissimi  musicisti che compongono la  Superband. Lo spettacolo è finito, si spengono i riflettori e si guarda al domani nell'augurio che il credo divulgato da Achille Lauro venga  tramandato da chi c'era, a dimostrazione del fatto che il suo messaggio di libertà,  e la sua essenza poliedrica, in fondo, sono stati capiti.
E.M.
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PRESENTAZIONE DELLO T S U

12 gennaio 2023

Sembrava solo ieri, quando sul finire di maggio, alle industrie Cucinelli si teneva la consueta serata di presentazione della Stagione di Prosa 22/23 del Teatro Morlacchi. Ed eccoci ai primi di ottobre, pronti a dare inizio  a quelli che saranno mesi intensi, pieni di emozioni e  stupore. Siamo pronti a sederci in palchetti e platea per  condividere la bellezza della cultura evadendo dalla realtà', pur riflettendo su di essa. Siamo pronti a guardare dentro quella scatola aperta l'anno scorso, dopo anni difficili e, per citare il direttore Nino Marino, a cogliere "l'immagine della cassa armonica, qualcosa che amplifica ciò che già a suono oppure che dà voce  a chi non ne ha". Il fitto programma composto da 22 spettacoli, 18 teatrali e 4 di danza, in cui ci sarà spazio per tutti i gusti ma soprattutto ci sarà la possibilita' di approcciarsi ad interessanti stili nuovi. Si inizia il 12 ottobre con Ditegli sempre di si'  per la regia di  Roberto Ando', testo di Eduardo De Filippo, in cui verra' portato sul palco il confine labile tra ragione e follia, a seguire Carolyn Carlson con The tree e  la sua filosofica danza contemporanea  portera' lo spettatore a indagare sul concetto di umanita'. A novembre una fittissima proposta principalmente teatrale: Dulan, la sposa, avvincente racconto noir, regia di Valerio Binasco, premio Strega 2011 assegnato all"autrice Melania Mazzucco, e vincitore del premio miglior radiodramma (nasce difatti come racconto per la radio); si prosegue con <Otto>, teatrodanza premio UBU 2002, progetto di KinKaler, Ferito a morte di Raffaele La Capria, per la regia di Roberto Ando' e l"adattamento di Emanuele Trevi, e per finire  un classico della letteratura teatrale ossia l'Otello di William Shakespeare, diretto da Andrea Baracco. Il 30 novembre inizia la programmazione che si protrarra'' per tutta la prima settimana  di dicembre e che prosegue il filone della tradiziine teatrale con  Il Gabbiano di Cechov, regia di Leonardo Lidi, a seguire Bermudas di Michele Di Stefano con la compagnia MK rappresentanti della danza essenziale, rigorosa e schematica per poi arrivare alle porte delle feste natazlie con un rivisitato Cyrano de Bergerac, cantato e recitato, per la visionaria interpretazione di Edmond Rostand. Il nuovo anno si celebra  con il debutto di Ivan  Crotone e il suo Amanti, in cui due grandi interpreti , Massimiliano Galli e Fabrizia Sacchi portano in scena un amore moderno e divertente. Sara' poi la volta di Virginia Raffaele in cui ci porta nel suo mondo fatto di luci e zucchero, il Luna Park con Samusa'. Febbraio altro mese intenso, si parte alla volta del ritorno di Emma dante con Pupo di Zucchero in cui si esorcizza sul tema della vita e della morte, seguito  dalla danza contemporanea unita alla musica barocca di Daniele Desnoyers Norge Cedeno Raffo e Arte balletto con Duble  siole. Dopo il grande successo cinematografico di Paolo Genovese  con Perfetti Sconosciuti,  con la direzione di Paolo Balsamo, la famosa cena tra amici sale sul palcoscenico diventando spettacolo teatrale. Particolare attenzione per  Seeking Unicor, di  e con Chiara Bersani vincitrice del premio UBU 2019 come nuova attrice /performer  under 35 e vincitrice dell Edimburg Fringe Festival sempre nel 2019 nella categoria danza; lo spettacolo e' un incontro onirico tra ballo e  recitazione. A concludere questo fitto mese Ik ben dewind, eg er vinden -    Io sono il ventodi e con Damian De Schrijver e Mattschappij Discordia, testo di Jan Fosse. Il programma di marzo debutta con  Racconti disumani di Franz Kafka , regia di Alessandro Gassmann e con Giorgio Pasotti, quindi spettacolo di grandi nomi sotto molteplici aspetti.  Successivamente andra' in scena  Beast without beauty di e con Carlo Massari  ispiratosi a samuel Beckett e al suo "Giorni Felici" in cui si tratta la condizione esistenziale in un effetto trappola non-sense. Sara' po la volta di Alcune idee (nessuna idea) per la regia di Christph Marthaler, e' un racconto visionario che descrive un mondo caotico e confuso attraverso umorismo e musica. Arriva anche il Nuovo Balletto di Toscana  per la coreografia di Ludwig Minitus e Michele Di Stefano, con Bayadere Il regno delle Ombre, volto a  riflettere  su cosa e' reale, e cosa e' un'illusione. Augusto Fornari dirige Cetra ...una volta di Toni Fornari, dove lo spettatore pota' immergersi nel varieta' piu' autentico, che sprigiona simpatia e bravura. La stagione estremamente ecclettica si conclude il 1 aprile con Il mondo altrove di Nicola Galli, storia tra occidente e orientecolm di rituali simboli, maschere, coreografie e tradizioni. Come da tradizione ogni giovedi' il Prof. Tinterri incontrea' e intervistera' le rispettive compagnie che si racconteranno a chi vorra'  saperne di piu' di quello che accadra'  sul palco. Siamo quindi pronti ad essere avvolti dalla cultura che ci attende a Perugia per la prossima entusiasmante palinsesto 22/23.
info e prenotazioni:
tel. 075 57522555
www.teatrostabile.umbria.it
E.M.
pic> repertorio Ufficio Stampa TSU

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12 gennaio 2023

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12 gennaio 2023

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12 gennaio 2023

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PROPERZIO 

9 dicembre 2022

Esistono porte solitamente chiuse, dietro le quali si celano luoghi incantevoli, inaspettati. Queste porte, quando è consentito oltrepassarle, ci conducono in un vero  e proprio viaggio temporale. Le Torri di Properzio sono un magnifico esempio di quanto appena detto: entrando si respira la storia di pietre millenarie, che fanno parte di un'architettura un tempo funzionale, ed oggi  percepita come onirica. Come in un processo di divina purificazione, una volta al loro interno si sale fino alla terrazza che funge da copertura, e ad accoglierci c'è una vista paradisiaca su Spello e sulla valle Umbra, del tutto inedita. Simbolo distintivo della città, queste due torri sono la cornice di una delle sei porte che consentono l'accesso a quella che un tempo era una Colonia Julia. Stiamo parlando di Porta Venere, il varco che si incontra  a nord-ovest, formato da tre archi (il maggiore centrale, e due laterali più modesti),  edificata  intorno al 20/30 a.C. durante il periodo di Ottaviano Augusto  che ancora oggi ci osserva al nostro passaggio. L'ingresso è quindi incorniciato proprio dalle due Torri speculari che lo sovrastano e che si differenziano  denominandole in " a Monte" e "a Valle"; quest' ultima, data la pendenza del suolo, è poggiata su una struttura basamentale che ha consentito un livellamento sia strutturale che  estetico, uguagliandole in altezza (ci fu anche un tempo in cui la torre a monte fu sormontata da una copertura a cono che la elevò a tal punto da raggiungere la sommità della Chiesa di Santa Maria Maggiore). La loro forma é ritenuta insolita per la pianta dodecagonale (solo esternamente, in quanto al suo inteno è circolare e si sviluppa in altezza cilindricamente) dato che normalmente si raggiungevano un massimo di otto lati. In un primo momento si era creduto che le due costruzioni  fossero coeve alla porta, ma ulteriori studi le hanno datate nel periodo medioevale. Realizzate in pietra rosa del Subasio, le due torri  rafforzano il loro "essere'' autoctono; mentre gli archi, in travertino, testimoniano sottosuoli lacustri, e limpide acque, condizione favorevole  al processo litogenetico di questa immortale pietra di origine calcarea. Di fatto in prossimità della Splendissima, dove ora vi è la bellissima Villa Fidelia, esistevano delle terme dedicate Venere. La città era collegata ad esse attraversando la porta che venne poi dedicata alla Dea della bellezza, segnando quello che non era solo un  confine ma anche  un dialogo tra l'interno e l'esterno della città. Il nome dato alle torri, invece, è una rivendicazione  dei natali del sommo poeta, che si trasferì a Roma, ma le cui origini si collocherebbero tra Assisi e Spello, la quale, appunto, gli rese omaggio dedicandogli le maestose opere. La potenza di certi luoghi fomenta curiosità e interesse, misteri e leggende. Si narra, ad esempio, che l'Orlando letterario, inizialmente non riconosciuto, fu imprigionato in queste mura,  e una volta liberato venne proclamato protettore e  idolatrato,  tanto che, alcuni spellani coraggiosi, partirono con lui per affiancarlo nella battaglia di Roncisvalle. Verità o finzione questo luogo parla da se, la sua solennità e indiscussa e tutto ciò che si romanza fa parte della ricerca, sempre in evoluzione, e di alcune domande che forse  non avranno mai risposta. Ed è giusto così. Per fare sempre più chiarezza, é possibile rivolgersi a guide preparate,  pronte ad accompagnarci in visite  d'eccezione e d'eccellenza: la Torre di Properzio (di valle), infatti,  viene aperta esclusivamente in particolari occasioni grazie a Vivi Spello che  ci consente di approfondire ciò che solitamente osserviamo da fuori. Un occasione imperdibile, quindi, che non solo amplia il nostro bagaglio culturale, ma che ci fa vivere emozioni preziose, facendoci entrare nell'anima, tangibile e spirituale della storia, quella storia, che ci accorgiamo sempre di più, parlare di noi.

E.M

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TUTTO CIÒ CHE DEVI SAPERE SULLA SCRITTURA CREATIVA

12 marzo 2023

Emozioni, sentimenti, passioni: sono la linfa che alimentano la nostra esistenza, il prodotto del vulnerabile interscambio con l'esterno, e che ci rende le persone che siamo. Ma possiamo fidarci dei nostri stati d'animo? Quanto possiamo controllarli, e quanto sono loro a controllare noi? A questi quesiti prova a rispondere Stefano Massini con il suo spettacolo " L'alfabeto delle emozioni". L' Attore, ma soprattutto scrittore e drammaturgo, che non ha bisogno di presentazioni (la sua affermazione nel panorama teatrale si è consolidata anche di recente), racconta con semplicità e aneddoti la complessità dei tratti emotivi dell'essere umano. Ci ricorda che nasciamo già provvisti  di rabbia, paura, gioia, tristezza, sorpresa e disgusto, elementi che ci serviranno per capire e per capirci durante la tutta la nostra esistenza. Si vuole emozionare  ulteriormente, mettendosi in difficoltà e rendendo lo spettacolo differente ad ogni replica. Capisce che l'argomento merita di essere narrato con quel imprevedibilità che caratterizza le emozioni stesse, nonché viene mosso da una deformazione professionale ronconiana, tanto da creare un gioco,  sfida la vita stessa,  che già ci tiene costantemente in pugno. Ad ogni lettera dell'alfabeto corrisponde l'iniziale di un'emozione; queste lettere, contenute in bauli,  verranno estratte a sorte, e da lì si partirà, di volta in volta, per un viaggio all'interno di noi stessi, che siamo parte di un tutto. In 90minuti (~) c'è spazio solo per sette riflessioni, e al Teatro Nuovo di Spoleto sono stati estratti ed esplorati i seguenti moti dell'anima: l'A-nsia, perenne, che è costituita da molteplici fobie, almeno una per ogni lettera dell'alfabeto, e che  Massini, senza prender fiato, elenca una dopo l'altra, la N-oia, presente, nonostante il continuo tentativo di ottimizzare il tempo proprio per avere più tempo (un paradosso, tanto da esclamare "N-on ci capisco niente"), un "Q-uel qualcosa", inspiegabile, che ci lascia a volte un vuoto dentro,  la F-elicita', fluida,  e il tentativo di afferrarla, l'H dell'incomprensione (non ci capisco un'H), dimostrazione di un cervello troppo spesso a soqquadro, ed infine l'I-nvidia, insidiosa, che può trasformarsi tragicamente in I-ra, pericolosa. Ad ogni lettera un'emozione, ad ogni emozione un racconto. È interessante vedere come Stefano  riesca ad esprimere con voce e gesti  queste emozioni, passando dalla comicità alla crudeltà. Sembra di poter toccare  quello che è impercettibile, astratto, perché tutto è  già parte di noi, ne diventiamo consapevoli. Un progetto ben strutturato che si origina nel 2020, ossia un periodo in cui tutte le emozioni ci hanno invaso contemporaneamente, creando subbuglio in ognuno di noi, mentre paradossalmente ci veniva chiesto di stare immobili. Massini crea umori totalmente differenti, umori dettati dalle nostre sensazioni, senza le quali non saremmo nessuno,  e ad ogni sorteggio un pezzettino di noi sarà tra le sue mani, lettera dopo lettera, emozione dopo emozione.

Erika Moroni
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Sono rari gli artisti che se lo possono permettere. Una voce e uno strumento, nulla di più. E il concerto prende vita. Un divano, a cancellare ogni distanza, e ci si ritrova come in un venerdì sera qualunque, a casa, tra amici, ad  ascoltare musica dal vivo d'eccellenza. Alex Britti, cantautore tra i più grandi chitarristi del nostro tempo, ci apre le porte della sua dimora, della sua arte. Ci fa entrare e accomodare, iniziando subito ad esibirsi e mettendo, come dovrebbe sempre essere, la sua musica in primo piano. Non c'è spazio per troppe parole, ed è con "Gelido" che rompe il ghiaccio. Britti spazia tra pop, jazz e blues e anche in questo suo ultimo tour Sul Divano, i suoi cavalli di battaglia non mancano: "Solo una volta","Una su un miglione" e "7000 caffè" sono solo alcuni dei brani più famosi interpreati. Ci parla del suo amore per il Jazz, a cui ha dedicato l'omonima canzone, e che descrive come  relazione totalizzante, appagante, presente. I suoi testi, in rima, si cantano già dalla seconda strofa, ed è proprio questa sua capacità comunicativa, essenziale, a renderlo estremamente coinvolgente. Paradossalmente a questa linearità si affianca una stupefacente complessità, dovuta alla singolare bravura da musicista quale è, e  che inevitabilmente lo pone su un piedistallo. Appena abbraccia le sue chitarre non si può che rimanere sbalorditi: durante i suoi assoli le mani viaggiano sicure, le note ballano ad un ritmo velocissimo mentre il suo volto è concentrato ed assorto. Arrivano le parole, poche, ma essenziali, con battute, perché anche in  questo un artista sa farsi riconoscere. Spiega la storia di alcuni brani, aneddoti della sua vita. Come quando arrivó la collaborazione con Genovese per  Immaturi, e di quella equivoca telefonata che diede origine al brano portante del film. Dopo due ore, sapendo come "funzionano" i concerti, con totale onestà ci saluta senza strategiche ri-apparizioni, cantando il pezzo che il pubblico sta attendendo ("La Vasca"), regalandoci proprio sull'uscio il più sincero degli abbracci.
E.M.

Britti
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